La fiamma del peccato (1944)

Film straordinario, una chicca per i cinefili, ma apprezzabilissimo anche da chi non ama il genere. Si può tranquillamente definire come la vetta del noir anni ’40, e uno dei più belli della storia del cinema, insieme a Il grande sonno di Howard Hawks, del 1946, e a Viale del tramonto dello stesso Wilder, del 1950. La pellicola si avvale della magistrale regia di un Billy Wilder in gran forma, che qui arricchisce il suo stile inconfondibile con innovazioni tecniche, strutturali e narrative, che andrebbero studiate inquadratura per inquadratura, per poter essere apprezzate appieno. Ma La fiamma del peccato ha a suo favore anche la sceneggiatura scritta in collaborazione con Raymond Chandler, che riesce a trasformare un romanzo di James Cain, non certo eccezionale, in un autentico capolavoro.

La storia è quella di un grigio agente di una compagnia d’assicurazioni che si innamora perdutamente di una donna affascinante, non proprio virtuosa, e insieme a lei organizza l’omicidio del marito; lo scopo è quello di incassare i centomila dollari dell’assicurazione sulla vita, inseriti in contratto, nella clausola di doppia indennità, prevista in caso di morte in circostanze inconsuete. Il titolo originale, infatti, è proprio Double Indemnity, mentre quello italiano fa riferimento alla torbida relazione che si instaura tra i due amanti, ed è intonato ai gusti dell’epoca. Qualcosa nel piano diabolico dei due andrà storto, e sarà proprio un amico dell’assicuratore a scoprire l’inganno.

Wilder e Chandler hanno rafforzato la vicenda del romanzo con dialoghi nitidissimi, ammantati di cinismo, e battute ambigue che sottolineano l’atmosfera torbida. Inoltre, la struttura narrativa è stata capovolta: il film inizia alla fine, e la storia è raccontata in retrospettiva flashback attraverso la voce fuori campo del protagonista, espediente che Wilder riprenderà con successo in Viale del tramonto. Qui è il colpevole che narra ad un dittafono (sorta di antenato del registratore) tutto quello che è successo fin dall’inizio, aggiungendo riflessioni e commenti personali che portano lo spettatore a simpatizzare per lui e a disprezzare la donna che lo ha irretito. La storia è un intreccio passionale e claustrofobico, basato sul tema del male e su ciò che lo circonda: l’avidità, il malessere sociale, il marciume interiore. Perfetto in questo senso il titolo italiano.

Come perfetti sono i tre protagonisti, ognuno impeccabile nel proprio personaggio: Fred McMurray, che fino ad allora aveva interpretato personaggi sempre positivi, si cala alla perfezione nel ruolo del povero assicuratore, debole, ingenuo e completamente plagiato dalla sensualità della donna; Barbara Stanwyck, pur non essendo una delle bellissime dell’epoca, crea un archetipo perfetto della dark lady, affascinante, seducente, capricciosa e pericolosa al primo sguardo, mentre Edward G. Robinson abbandona per una volta i panni del gangster, per vestire quelli del tenace investigatore, intenzionato a smascherare la truffa. È in qualche modo la coscienza del protagonista, che non riesce però a salvare l’amico.

La Stanwyck spicca sul resto del cast, illuminando letteralmente la scena ad ogni sua apparizione, e riuscendo a rendere il suo personaggio quanto più possibile sgradevole, ambiguo, maligno eppure affascinante, diabolico ma intrigante. Anche solo il suo sguardo racconta il carattere superficiale e disonesto di una donna inaffidabile e pericolosa. E quando lo nasconde sotto gli occhiali scuri, emerge tutta la freddezza di una donna malvagia e calcolatrice.

Ma Wilder sottolinea tutto questo con l’attenzione a particolari salienti, come la cavigliera, indossata dalla donna, che all’epoca era segno distintivo di una donna volgare e disponibile, o l’inquadratura di sfondo, alle spalle del protagonista maschile, per darci l’idea che sia lei la vera padrona della situazione, che soggioga completamente la volontà dell’uomo al suo disegno diabolico.

La regia di Wilder riesce a creare un’atmosfera particolare, come se il male si aggirasse ad ogni angolo, soprattutto con il gioco di contrasto tra luce e oscurità, e le lunghe ombre minacciose che risaltano in quasi tutti i fotogrammi. Le sequenze più forti, che mostrano le azioni immorali dei personaggi, abbagliati dalla lussuria in spazi fumosi, sono diventate un classico che molti hanno cercato di copiare.

Ma ciò che eleva il film alla perfezione è la sceneggiatura, scritta da Wilder insieme a Raymond Chandler, capace di dare ai personaggi la giusta dose di forza dialettica, e di creare un’atmosfera passionale carica di aspettative, dove i sentimenti a lungo repressi, emergono in superficie ed esplodono in tutta la loro violenza. Fanno il resto, l’eccezionale fotografia in bianco e nero di John Seitz, e la colonna sonora ossessiva di Miklós Rózsa, che l’anno dopo collaborerà con Hitchcock per Io ti salverò.

Va detto che il film doveva avere un finale diverso, prevedeva infatti la morte del protagonista nella camera a gas, alla presenza del suo collega ed amico che lo aveva smascherato. La sequenza finale, impressionante, venne però tagliata in osservanza alle regole censorie del codice Hays.

Il film ottenne ben sette nomination agli Oscar, pur non vincendone nessuno: Miglior Film, Miglior Attrice protagonista, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura, Miglior Fotografia in bianco e nero, Miglior Suono, Miglior Colonna Sonora. A riprova di come i premi e la critica non sempre riescano a riconoscere un prodotto eccellente.

45 pensieri riguardo “La fiamma del peccato (1944)

  1. son passati anni dalla visione, lo ricordo vagamente ma sicuramente è tra quelli che mi son piaciuti. Potrebbe essere una buona idea riprendere la visione dei classici noir e dramma americani, dovrei solo trovare il tempo 🙂

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    1. Mi imbarazzano sempre un po’ i complimenti, perché io scrivo solo quello che penso e parlo sempre di film che mi sono piaciuti, perciò non è una vera critica la mia. Bisognerebbe saper parlare anche di quello che non ci piace…

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      1. Da quello che ho visto, ed è un po’ di tempo che ci leggiamo, esprimi anche delle critiche, sempre in modo molto pacato. È quello che mi piace tanto di te, non voglio metterti in imbarazzo, ma sei una persona come poche se ne incontrano ormai.
        Sai cosa penso? Viviamo in un mondo, parlo in linea generale ovviamente, in cui tutti, la maggior parte almeno, si lamentano per quello che non va. Difficilmente qualcuno fa complimenti per un caffè ☕️ particolarmente buono, per un’attenzione o una coccola che ci viene fatta. Beh io sono così. Ringrazio, sorrido al prossimo, anche se non lo conosco, cedo il passo, torno indietro se mi accorgo che mi hanno dato un euro in più di resto.
        Perciò, cara Raffa, come faccio a non esprimere il mio grande apprezzamento per te?
        Non arrossire, viene dal cuore e lo meriti!
        Grazie anche per l’altro giorno….

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          1. Grazie Raffa, è un piacere parlare con te!
            Grazie per le tue parole di apprezzamento, vedi, nel mio piccolo, cerco di fare la differenza. Me ne sono capitate tante, ma ogni volta ho trovato la forza di risollevarmi, grazie all’amore della mia famiglia, al mio impegno, questione di geni insomma. Anche se non è andato tutto secondo i miei desideri, non sempre succede, posso dire di essere molto fortunata. Quindi mi sembra il minimo cercare di seminare un po’ di amore nel mondo.

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  2. Un paio d’anni fa ho letto il romanzo originale e mi è piaciuto parecchio, mi ripromettevo di rigustarmi il film ma il tempo è passato e il film non l’ho rivisto. Quindi mi dici che è addirittura meglio del romanzo? Devo decidermi a rispolverarlo 😛

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      1. Scusami se chiedo (magari hai recensito cose in passato quando ancora non ti seguivo) ma hai per caso analizzato altre cose di Wilder? Tipo a qualcuno piace caldo o Quando la moglie è in vacanza…

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          1. Ma anche nei drammi, non lo metto in dubbio (tipo Viale del Tramonto). Solo che per quello che riguarda il mio vissuto personale, sono più affezionata alle commedie. A qualcuno piace caldo lo guardiamo in famiglia praticamente ogni Natale.

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    1. Di quelli classici, ricordo Il grande sonno e L’infernale Quinlan, poi La morte corre sul fiume, anche se non è proprio un noir tecnicamente. Di quelli più recenti Chinatown.

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