Prima pagina (1974)

Wilder non era un amante dei remake, ma si convinse a trasporre per la terza volta il soggetto di un’opera teatrale del 1928, che aveva già prodotto due successi cinematografici, nel 1931 e nel 1940. L’argomento infatti gli stava a cuore, visto che lui stesso era stato giornalista prima di lavorare nel cinema, e la professione esercitava ancora una grande attrattiva su di lui. Mentre nel precedente L’asso nella manica Wilder aveva puntato l’attenzione sulla cronaca nera, criticandone ferocemente il cinismo e la mancanza di moralità, con Prima pagina ammorbidisce un po’ i toni, facendo una parodia del lato più sardonico del giornalismo, pur senza attenuare le critiche all’insensibilità della stampa nei confronti della sofferenza umana e della morte.

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