Un film particolare, figlio dei suoi anni e di quella guerra psicologica che allora era all’ordine del giorno. Ero una ragazzina all’epoca e ricordo che andai a vederlo quasi esclusivamente per veder ballare Baryšnikov, ma poi il film mi colpì moltissimo per altre ragioni. In quegli anni si sentiva spesso parlare di personaggi famosi, soprattutto artisti, che per lavoro si trovavano ad uscire dalla Russia, anzi, dall’Unione Sovietica, come si diceva allora, e una volta all’estero chiedevano asilo politico per non dover tornare in patria. Mi incuriosiva la questione dell’asilo politico e non riuscivo a capirlo. Questo film mi fece comprendere molte cose.
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