Prima pagina (1974)

Wilder non era un amante dei remake, ma si convinse a trasporre per la terza volta il soggetto di un’opera teatrale del 1928, che aveva già prodotto due successi cinematografici, nel 1931 e nel 1940. L’argomento infatti gli stava a cuore, visto che lui stesso era stato giornalista prima di lavorare nel cinema, e la professione esercitava ancora una grande attrattiva su di lui. Mentre nel precedente L’asso nella manica Wilder aveva puntato l’attenzione sulla cronaca nera, criticandone ferocemente il cinismo e la mancanza di moralità, con Prima pagina ammorbidisce un po’ i toni, facendo una parodia del lato più sardonico del giornalismo, pur senza attenuare le critiche all’insensibilità della stampa nei confronti della sofferenza umana e della morte.

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La donna dai tre volti (1957)

Un grande classico e un tema che poi sarebbe diventato fonte quasi inesauribile per il cinema. Tre anni dopo Hitchcock ne farà il suo thriller più famoso mentre Shyamalan, quasi sessant’anni più tardi, regalerà a McAvoy il ruolo migliore della sua carriera. L’approccio di questa pellicola, però, è diverso da altri dello stesso genere, sicuramente diversissimo da tutto il filone di film che hanno sfruttato e continuano a sfruttare l’aspetto più inquietante e orrorifico dello sdoppiamento di personalità. A differenza di Psyco o Split, che ci mettono in guardia dai pericoli di una personalità multipla, questa pellicola vuole affrontare il problema dal punto di vista strettamente psicoanalitico.

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