I giochi dei grandi (2004)

Il titolo italiano si adatterebbe bene a un film a luci rosse, e in effetti il tema centrale è in qualche modo lo scambio di coppia, l’adulterio reciproco di due coppie annoiate di amici, che hanno esaurito quasi completamente l’entusiasmo dei loro matrimoni. Un tema non originalissimo, un classico dramma relazionale in cui qualche scintilla erotica risveglia il torpore dell’abitudine, ma trattato con una certa originalità, perché la sceneggiatura si sofferma sui protagonisti di questo adulterio incrociato, analizzandone le diverse emozioni, i sentimenti e le aspettative. Anche le due coppie sono differenti, pur simili nella composizione e nell’età anagrafica: una ha ancora abbastanza amore da generare odio reciproco, mentre l’altra è così distante che anche durante il rapporto sessuale non c’è comunicazione. E se non c’è dubbio che l’adulterio incrociato finirà per causare danni considerevoli a tutti i protagonisti, anche le conseguenze per le due coppie non saranno le stesse.

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Il castello (2001)

Il film è un’abile commistione del genere carcerario e di quello militare, e ha gli attributi per piacere agli appassionati di entrambi. Inoltre la presenza di due grandi attori come Redford e Gandolfini, qui uno di fronte all’altro in una gara di bravura, rende la pellicola ancor più interessante.

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Shutter island (2010)

Un affascinante thriller psicologico, che ricalca le orme dei vecchi noir anni ’50, riprendendone l’atmosfera claustrofobica e misteriosa, e aggiungendo qualche elemento di destabilizzante modernità. Tratto dal romanzo L’isola della paura di Dennis Lehane, è una storia ricca di suspense costruita come un meccanismo a orologeria, in cui ogni dettaglio si incastra perfettamente con gli altri creando un insieme solo apparentemente disordinato, che alla fine trova la sua ragione d’essere.

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The normal heart (2014)

Mi sono chiesta con quale film inaugurare il nuovo blog e ho scelto questa coinvolgente pellicola che a suo tempo mi ha colpito nel profondo sia per le tematiche affrontate, sia per lo stile semplice e diretto con cui ne ha trattato. Ho voluto anche rivederla insieme a mia figlia, che all’epoca aveva poco più di 18 anni, per condividere con lei le emozioni che avevo provato, ma soprattutto per farle conoscere una delle pagine più buie della nostra storia, che lei ignorava del tutto perché nata alla fine degli anni ‘90.

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