Lo specchio della vita (1959)

Inserire questa pellicola in un genere non è solo difficile, ma è anche riduttivo. Chiaramente siamo di fronte a un dramma, ma i temi affrontati sono molteplici e universali, dai pregiudizi del razzismo all’importanza dell’apparenza nella società, fino al difficile equilibrio fra affettività ed egoismo, e tra ambizione e infelicità. Il regista è quel Douglas Sirk, che ha firmato alcuni dei più bei melodrammi del cinema americano, da Magnifica ossessione a Come le foglie al vento, fino a Il trapezio della vita e poi questo film, con cui si ritira dalla regia e da Hollywood, trasferendosi in Europa.

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Psyco (1960)

Capolavoro assoluto del grande regista, è diventato nel tempo qualcosa di più di un cult, un vero e proprio simbolo del cinema giallo/horror, un’icona del bianco e nero, copiato, rifatto (purtroppo!), benevolmente preso in giro, fonte d’ispirazione insuperabile e archetipo di gusto e stile d’altri tempi. Per la prima volta un regista, universalmente riconosciuto come maestro del cinema, tratta non solo una tema legato al genere horror, ma un disturbo complesso e, per allora sconosciuto, come quello della schizofrenia.

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