Io ti salverò (1945)

Amo moltissimo questo film, per svariati motivi: sicuramente per la storia, che è un intrigante giallo, reso ancora più affascinante dalle complicazioni psicanalitiche, per gli attori protagonisti, Gregory Peck e Ingrid Bergman, due nomi che da soli rappresentano un nuovo sinonimo di cinema, e naturalmente per il regista, quel genio inarrivabile di Hitchcock, che adoro al di là di ogni ragionevole dubbio. Eppure sembra che questo non sia uno dei suoi film migliori.

Mi spiace dover iniziare così, ma Io ti salverò è considerato quasi universalmente un film minore di Hitchcock, non all’altezza di altri suoi capolavori; in particolare qualcuno ha fatto notare che l’analisi psicanalitica mostrata nel film è quasi ridicola e che l’intera vicenda si risolve in modo talmente rapido e semplicistico da distruggere ogni aspettativa di realismo.

A ben guardare forse la trama è poco approfondita e trova la sua conclusione in modo troppo sbrigativo. Una giovane psicologa, completamente votata al suo lavoro, si accorge che il nuovo direttore della casa di cura in cui lavora, soffre di un devastante complesso di colpa, che probabilmente ha radici nell’infanzia (conclusione molto amata dagli psicanalisti). Mentre studia il suo caso, cercando di aiutarlo, si accorge anche che il nuovo direttore è un uomo estremamente affascinante, e finisce per innamorarsene a poco a poco, guarda caso ricambiata. Con il provvidenziale aiuto di un suo anziano professore, la psicologa riuscirà a scoprire l’origine di tutti i problemi del suo nuovo paziente, e ci sarà anche modo di risolvere un caso di omicidio.

Così a prima vista, non mi sembra che possa definirsi una trama banale… Certo, la storia d’amore è un po’ scontata, e forse si pecca anche di una certa superficialità nell’interpretazione psicanalitica, che di solito richiede mesi, se non anni, di terapia, e qui si risolve in poche scene. Ma il modo in cui il tutto viene sapientemente intrecciato è assolutamente geniale.

Pare comunque che pure Hitchcock detestasse questo film, forse anche per le continue interferenze nel progetto da parte del dispotico produttore Selznick, con cui il regista si scontrò continuamente, pregiudicando inevitabilmente il risultato finale. Questa fu la seconda collaborazione tra i due, dopo Rebecca – La prima moglie, e il produttore si occupò anche del montaggio, finendo per eseguire tagli drastici. Inoltre pare che avesse portato sul set la sua analista personale, per studiare la sceneggiatura a dare consigli tecnici sul film.

Hitch fu costretto anche a rinunciare alla consueta collaborazione con Herrmann per la parte musicale, in quanto il compositore era già impegnato. Ripiegò allora su Miklós Rósza, che aveva già composto le colonne sonore di capolavori come Il ladro di Bagdad e La fiamma del peccato. E la scelta fu molto felice: Rósza accompagnò le immagini del film con musiche coraggiose, innovative e molto seducenti, aggiungendo il suggestivo suono del theremin, che contribuì a dare al film quel tocco di mistero che lo rese ancor più affascinante. Eppure regista e produttore non apprezzarono il suo lavoro, contestandone anzi l’eccessiva autonomia che si era preso, e provando più volte a imporre le loro direttive. Rósza non collaborò mai più né con Hitchcock né con Selznick, ma quella colonna sonora gli valse l’Oscar.

Io ti salverò è sicuramente famoso anche per aver portato sullo schermo la psicanalisi, e questo richiedeva una rappresentazione figurativa dell’aspetto onirico. E cosa meglio del Surrealismo, poteva raffigurare i contenuti dell’inconscio e il materiale sfuggente di cui sono fatti i sogni? Dunque chi, se non Salvador Dalì, poteva essere chiamato come massimo esponente di questa immaginifica corrente artistica?

Hitchcock intuì che il momento cardine del suo film sarebbe stato quello del sogno del protagonista, raccontato alla psicologa perché lo aiutasse a recuperare la memoria perduta. Perciò chiese a Dalì di disegnare le scenografie per quella scena di soli tre minuti, che è diventata un’opera d’arte. Si ha da subito la sensazione di stare in uno dei dipinti del grande artista, e ciò che dà maggior fascino a tutta la scena è l’aspetto psicologico, perché tutti gli elementi del sogno, dagli occhi allucinanti agli inquietanti uomini senza volto, hanno un significato ben preciso, che verrà poi svelato e condurrà alla soluzione finale.

Il film segna anche l’incontro tra Hitchcock e Ingrid Bergman, che diretta da lui interpreterà successivamente Notorius e Il peccato di Lady Considine. Gregory Peck invece sarà nuovamente diretto da Hitchcock ne Il caso Paradine.

Due parole a proposito del titolo, con cui i distributori italiani hanno volutamente sottolineato gli aspetti più romantici del film. Il titolo originale, Spellbound, che si può tradurre con incantata o affascinata, riferito ovviamente alla protagonista femminile, potrebbe essere fuorviante, per l’accezione che si può dare alla parola. Infatti la dottoressa rimane sì affascinata dal nuovo direttore (e come darle torto), ma non al punto da perdere la propria capacità razionale. Anzi, proprio in virtù del sentimento che prova per lui, si impegnerà ancora di più a cercare la verità, per aiutarlo. Dunque, la promessa Io ti salverò è quanto mai idonea a rappresentare la vicenda e i suoi sviluppi.

Sul piano strettamente cinematografico ci sono momenti di grande inventiva, come nella scena in cui i protagonisti sono in fila alla biglietteria della stazione, o le inquadrature realizzate con il fish eye (un obiettivo che abbraccia un campo visivo di 180°), o ancora quando vengono mostrate le immagini attraverso il bicchiere di latte che Peck sta bevendo. A queste si aggiunge ovviamente la già citata scena clou del sogno con le scenografie di Dalì.

Sul piano narrativo, non mancano i temi cari al regista: la protagonista femminile che si addossa l’onere di aiutare l’amato, il metodo psicanalitico per trovare il colpevole, il tema della colpa e dello sdoppiamento di personalità, l’eroe in fuga. Tutti elementi che si ritroveranno in vario modo nel cinema successivo di Hitchcock, sicuramente più apprezzato.

Rimane quindi un film più che dignitoso, e a mio avviso molto originale nel suo insieme, che vale sicuramente la visione. Perfetto dal punto di vista stilistico e spettacolare, sa portare la suspense fino alla fine, coinvolgendo lo spettatore e spingendolo a porsi continuamente interrogativi sui personaggi, senza mai dare risposte scontate o prevedibili; in più è splendidamente interpretato e condito con un pizzico di humour e una generosa dose di elegante seduzione.

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