Trasposizione di un romanzo autobiografico scritto da Armistead Maupin, che ha curato anche la sceneggiatura, è una storia vera, dove la verità ha la forma di un rebus che nessuno, per ora, ha ancora risolto. Uno degli ultimi film di Williams da protagonista e anche uno dei più difficili. Difficili le tematiche, molto particolari e forse non espresse in modo chiaro, e difficile il genere, perché nonostante Williams fosse un attore completo, il pubblico lo ha sempre amato più nei ruoli comici che in quelli drammatici. Perché se quando voleva far ridere, era una forza della natura, travolgente come pochi altri comici, quando si calava in ruoli più seri, il suo sorriso diventava malinconico, e sembrava tenere sulle spalle tutto il dolore del mondo.

Un po’ come il protagonista di questo film, Gabriel Noone, un romanziere che conduce un programma radiofonico notturno in cui parla della sua vita, raccontandone gli episodi più interessanti e romanzando quelli più banali. Quando viene lasciato dal suo compagno, dopo una relazione durata otto anni, entra in crisi e non trova più ispirazione per la sua trasmissione. La depressione è dietro l’angolo, quando un giorno riceve dall’editore un manoscritto in cui il quattordicenne Pete racconta della sua scioccante infanzia, tra prostituzione e AIDS: venduto dai genitori fin da bambino, e colpito precocemente dalla malattia, il ragazzo vive ora con l’assistente sociale che lo ha sottratto alla famiglia.

I due si sentono per telefono e in breve lo scrittore diventa ossessionato dal ragazzo, che vorrebbe conoscere di persona. Proprio quando Gabriel parla con la donna che si occupa di lui e chiede di poter incontrare Pete, la veridicità del racconto del ragazzo comincia a vacillare. Inizia da qui a insinuarsi il dubbio sulla vera esistenza di Pete e su chi sia in realtà l’assistente sociale che dice di averlo adottato. Per Gabriel la ricerca della verità diventa un’ossessione, che se da una parte gli fornisce un motivo per uscire dall’apatia in cui è piombato, dall’altra lo tormenta con il suo mistero inestricabile.

Il film ha un tono cupo, sottolineato da una colonna sonora malinconica e a tratti inquietante, e ha uno sviluppo dolorosamente lento, creando grandi aspettative che in parte andranno deluse. E non può essere altrimenti, visto che nella realtà la storia non è mai arrivata a una conclusione, e si ha l’impressione che lo stesso Maupin, nello scrivere la sceneggiatura, abbia avuto difficoltà a trovare una soluzione all’enigma. Il punto di forza del film è la capacità di tenere lo spettatore nel dubbio, offrendo molti diversi scenari, tutti ugualmente possibili, anche se poi, nel finale, ci fa intuire quale sia la verità, in un anticlimax che in parte ci delude.

E nonostante il suo andamento lento, la storia riesce a essere davvero inquietante, un thriller a tutti gli effetti, anche se un thriller decisamente insolito; non c’è la ricerca del colpo di scena a tutti i costi, non vuole scioccare o sbalordire, ma alterna sapientemente misurati momenti di silenzio a scene inquietanti e rivelatrici, senza ricorrere a un banale crescendo ininterrotto. Inoltre il grande punto di svolta del film è inserito casualmente in un dialogo, verso la sua metà. E non c’è solo la storia principale, che ruota intorno al segreto sull’esistenza e la vera identità di Pete, ma anche un’interessante sotto trama che esplora la condizione umana di chi rischia di cadere nell’eccesso per ravvivare la propria vita e trovare nuovi stimoli.

Un film complesso, quindi, difficile da interpretare. Per Robin Williams è l’ennesimo ruolo serio, dopo One Hour Photo, Insomnia, The Final Cut, e prima di Boulevard: qui mostra un’incredibile moderazione nel muoversi da una scena all’altra indossando solo il suo sguardo intenso e carico di dolore, senza potersi nascondere dietro le mille smorfie che lo hanno reso famoso. Riesce a rendere perfettamente lo stato d’animo apatico del protagonista, sia quando legge impassibilmente le proprie storie alla radio, sia quando trova conforto nella voce del ragazzo, sia quando diventa preda dell’ossessione di poterlo incontrare. Un ruolo ideale per Williams che, libero da performance e istrionismi, offre una delle sue migliori interpretazioni.

Chi invece dà uno spettacolo tutt’altro che misurato è Toni Collette, che nei panni di Donna si trova perfettamente a suo agio, ritraendo con forza questa figura enigmatica: con la sua espressività non solo verbale, riesce a renderne sia gli aspetti più vulnerabili, sia gli accessi di psicosi, dipingendo un personaggio a tutto tondo, che in qualche modo si rivela essere il vero centro dell’enigma. Buone anche le interpretazioni di Rory Culkin, nei panni del giovane Pete, e di Sandra Oh, in un ruolo di contorno. Il primo si trova a suo agio nel ruolo del malato, che aveva già interpretato in modo credibile in Signs, mentre la seconda dimostra di poter uscire efficacemente dal clichè televisivo.

Nel complesso è un film anche troppo breve, e forse una durata leggermente maggiore avrebbe permesso un miglior approfondimento dei personaggi; fotografia e scenografia sono piacevoli, il montaggio è buono e riesce a dare ritmo a una regia che mi è sembrata un po’ piatta. Resta comunque una storia intrigante e ben interpretata, che vale la pena vedere anche solo per l’intensa interpretazione di Williams.
Per chi volesse approfondire la storia vera dietro il film: https://www.repubblica.it/2006/07/sezioni/esteri/mistero-ragazzo-malato/mistero-ragazzo-malato/mistero-ragazzo-malato.html
Come forse ricorderai, parlai molto bene di questo film, che mi impressionò parecchio. Il migliore che ha fatto Robin, assieme ovviamente a L’attimo fuggente. Un film che quasi nessuno vuol ricordare, più per l’argomento di difficile gestione emotiva di cui parla che perché non sia riuscito.
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La prima volta che l’ho visto, devo dire che non mi aveva lasciato molto, poi l’ho rivisto dietro tuo consiglio, e mi è piaciuto molto, l’ho compreso meglio.
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Mi fa piacere. Ci sono film che, se visti nel momento sbagliato, non colgono nel segno.
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E’ vero.
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Buon giorno 2 Non penso di vederlo ma tu sei bravissima
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Grazie 🙂
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Ciao Raffa, in effetti ieri avevi ragione, non avevo mai visto questo film e non l’avevo neanche sentito nominare. Cercherò di vederlo al più presto. Grazie.
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Interessante, il Williams drammatico mi ha sempre affascinato e ricordo, in particolare, il terribile One hour photo. Un’angoscia ed una bravura di cui ho sentito parlare troppo poco.
Le storie di questo tipo, poi, di truffe complesse eppure che si tengono in piedi per anni, specie se coinvolgono la malattia, sono quasi una ricerca sociale senza fine.
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Infatti è un film interessante da molti punti di vista. Purtroppo non sono quelli che sbancano al botteghino, e infatti non molti li hanno visti.
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boh mi sembra parecchio pensantino
cmq ora che ho letto il plot forse ne avevo sentito parlare, ma mamma mia che pesante anche solo a leggere le tematiche
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Infatti è un film serissimo, si apprezza l’interpretazione dei protagonisti e la suspense che viene creata, anche se poi il finale delude un po’.
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Molto molto interessante, soprattutto perché storia vera.
Peccato però leggere che delude …
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Più che altro delude perché crea molte aspettative, ti immagini tante soluzioni diverse, e poi alla fine la realtà (o almeno quella che ha scelto il film) è un po’ deludente.
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Peccato davvero.
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