Questo è un film che trovo grandioso sotto tanti aspetti, ed ha la particolarità di essere una di quelle pellicole che all’uscita non hanno raccolto grandi incassi al botteghino, ma sono poi state rivalutate nel tempo, fino a diventare veri e propri cult. Il film non è solo ben fatto, interessante e originale, ma ha anche un’importanza storica nell’evoluzione della tecnica cinematografica. Come dichiara apertamente nei titoli, la storia vuole essere un affettuoso omaggio al personaggio di Sherlock Holmes, attraverso una vicenda che non è mai stata scritta da Conan Doyle, ma che è la cronaca immaginaria del primo incontro tra il futuro detective e quello che diventerà l’amico inseparabile, l’amatissimo dottor Watson.
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La grande fuga (1963)
Basato sul romanzo autobiografico di Paul Brickhill, il film è un’emozionante avventura ambientata in un campo di prigionia, durante la seconda guerra mondiale. Il titolo sembra dire tutto, ma in realtà rende solo vagamente l’idea di quello che viene mostrato nelle quasi tre ore del film: imprevisti di ogni genere, suspense, umorismo ma anche dramma, e naturalmente uomini duri dal carattere nobile. Anche se la storia è vera, almeno in parte, molte sono le libertà che si prende Hollywood nel metterla in scena. Tanto per cominciare, sebbene i prigionieri della storia originale fossero per lo più ufficiali britannici della Royal Air Force, i produttori hanno aggiunto un certo numero di americani al cast, per rendere il film più attraente per il pubblico americano. E il regista John Sturges non poteva mancare di richiamare Steve McQueen, con cui aveva già lavorato tre anni prima ne I magnifici sette.
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