Basato sul romanzo autobiografico di Paul Brickhill, il film è un’emozionante avventura ambientata in un campo di prigionia, durante la seconda guerra mondiale. Il titolo sembra dire tutto, ma in realtà rende solo vagamente l’idea di quello che viene mostrato nelle quasi tre ore del film: imprevisti di ogni genere, suspense, umorismo ma anche dramma, e naturalmente uomini duri dal carattere nobile. Anche se la storia è vera, almeno in parte, molte sono le libertà che si prende Hollywood nel metterla in scena. Tanto per cominciare, sebbene i prigionieri della storia originale fossero per lo più ufficiali britannici della Royal Air Force, i produttori hanno aggiunto un certo numero di americani al cast, per rendere il film più attraente per il pubblico americano. E il regista John Sturges non poteva mancare di richiamare Steve McQueen, con cui aveva già lavorato tre anni prima ne I magnifici sette.
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I magnifici sette (1960)
Ho già parlato della mia passione per il western, e I magnifici sette è un classico imperdibile. In realtà nasce come omaggio a I sette samurai di Akira Kurosawa, ma preferisco parlarne come film a sé stante, anche perché le differenze rispetto all’originale, ambientato nel Giappone del 1500 e intriso del fascino della cultura nipponica, non giocano a favore del film di Sturges, in cui la storia si sposta nelle praterie del west e si qualifica chiaramente come puro intrattenimento. Le affinità tra i due film si fermano alla linea generale della trama, con i cambiamenti necessari per mantenerla credibile in un contesto culturale diverso.
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