The Place (2017)

Di nuovo Paolo Genovese, che fa un ulteriore salto di qualità rispetto a Perfetti sconosciuti, passando dalla commedia al dramma e indagando questa volta nelle profondità più recondite dell’animo umano. Il film, assolutamente nuovo e originale nel panorama italiano, prende spunto da una serie televisiva americana The Booth at the End, in cui uno sconosciuto fa in modo di avverare i desideri di chiunque sia disposto a fare qualcosa in cambio. In sostanza il tema della serie, come del film, è “Fino a che punto sareste disposti ad arrivare per ottenere quello che volete?”.

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Heart of the Sea (2015)

Ron Howard rivisita il mito americano per eccellenza, Moby Dick, cercando di andare alla fonte dell’opera di Melville: si rifà infatti al saggio pubblicato nel 2000, in cui Nathaniel Philbrick raccontava il naufragio della baleniera Essex, evento che avrebbe ispirato il romanzo di Melville. Un film sfarzoso dal punto di vista scenografico, che sfrutta appieno tutta la spettacolarità della vicenda, avvalendosi della moderna tecnologia in 3D pur senza abusarne inutilmente, ma pone forse un po’ troppo l’accento sull’aspetto visivo, trascurando di approfondire i personaggi.

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I nostri ragazzi (2014)

Chi segue il mio blog si sarà certamente accorto che non sono un’appassionata del cinema italiano in generale, non perché, quando vuole, non sappia essere più che valido, ma perché difficilmente nei film nostrani trovo le emozioni che piacciono a me. La maggior parte sono commedie, spesso molto divertenti, a volte intelligenti, raramente originali. Alcuni sono drammi, soprattutto su tematiche sociali, e qui le emozioni si sprecano, ma sono anche molto deprimenti e di solito restano in superficie, quasi mai arrivano all’anima.

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Prigioniero della paura (1957)

È uno dei pochi film sul baseball a far vedere pochissimo baseball. Nessuna partita è rappresentata per intero, non ci sono montaggi entusiasmanti di squadre che lottano per la vittoria, e non c’è alcuna esaltazione romantica di questo sport. Il che per noi, che non siamo pratici di questo affascinante gioco, è decisamente un bene. Eppure il film pretende di raccontare la storia vera di Jimmy Piersall, un grande giocatore di baseball vittima di un crollo nervoso, e affronta apertamente la pressione psicologica che deriva dall’essere una star dello sport.

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Prisoners (2013)

Diciamo subito che non è un film facile, e non è sicuramente un film per tutti. Le tematiche affrontate sono angoscianti, e i risvolti della vicenda rasentano in alcuni punti l’orrore puro. Ma ha un pregio a mio parere grandissimo, rispetto ad altri film che giocano con la violenza, ed è quello di suscitare emozioni profonde e inaspettate nello spettatore, una sorta di reazione istintiva e violenta contro la violenza stessa. L’atmosfera cupa e invernale di cui è intriso questo film è indubbiamente pesante, così come l’argomento della sparizione di due bambine. Ma se questo non vi crea problemi, allora vi aspetta un vero gioiello.

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Sotto sequestro (2018)

Non fatevi ingannare dal titolo italiano: non si tratta del solito action all’americana, con sequestratori, negoziatori e trattative estenuanti. Questo è un film difficilmente definibile e straordinario, non tanto dal punto di vista estetico o artistico, quanto per i contenuti. Parte come dramma, freddo e violento, ma poi si trasforma via via in qualcosa di coinvolgente, che appassiona e trascina lo spettatore sull’onda delle emozioni. Ancora di più se si pensa che è ispirato a fatti realmente accaduti.

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Buongiorno tristezza (1958)

Dopo il fallimento del film su Giovanna D’Arco, dell’anno precedente, Preminger richiama la giovanissima Jean Seberg per un ruolo sicuramente a lei più consono, quello della diciasettenne maliziosa e disinibita, in vacanza con un padre playboy, nulla facente e spregiudicato. Il film è l’adattamento del romanzo francese Bonjour tristesse, di Françoise Sagan, che nel 1954 aveva trasformato la scrittrice, allora diciannovenne, in una nuova celebrità letteraria.

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La foresta dei sogni (2015)

Un film decisamente insolito, originale e affascinante, come quelli a cui ci ha abituato il regista Gus Van Sant, da sempre un outsider di Hollywood. In molti dei suoi film la morte, cercata o trovata per caso, è messa al centro della storia, così come il disagio esistenziale, a partire da Belli e dannati del 1991, fino a Elephant del 2003, forse la più controversa e sperimentale delle sue pellicole. Anche in questo film la morte è in qualche modo protagonista, ma senza che la storia ne risenta in termini di pessimismo o scoraggiamento, anzi il finale ci conduce con una inaspettata leggerezza all’ottimismo, dagli abissi della depressione fino a una rinascita interiore.

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The Majestic (2001)

I film di Frank Darabont a volte sembrano quasi anacronistici: sono lenti e increspati, ti risucchiano lentamente nella loro storia, ti presentano i personaggi e l’ambiente, e solo allora arrivi al nocciolo. Qui Darabont ci porta nell’America degli anni ’40, un’America con valori semplici per persone semplici, e non a caso mette Jim Carrey al centro della storia, un attore che si è fatto conoscere soprattutto per il suo viso pulito, simbolo dell’ingenuità in The Truman Show. Affiancato da un cast di tutto rispetto, su cui spicca il veterano Martin Landau, Carrey dà vita ad un personaggio intenso e sfaccettato, protagonista di una storia forse non del tutto credibile, ma commovente e allo stesso tempo coinvolgente.

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Margin call (2011)

Dopo aver visto Wall Street e non aver capito quasi niente, mi ero ripromessa di non guardare più un film che avesse per argomento la borsa e la finanza. Margin call mi ha incuriosito per l’alto livello del cast, all’interno del quale spiccavano Kevin Spacey e Jeremy Irons, attori tra i miei preferiti in assoluto, e di solito garanzia di qualità. E anche se non posso dire di aver capito proprio tutto, sono riuscita a comprendere abbastanza bene i punti fondamentali della vicenda, che tra l’altro è piacevolmente raccontata con i toni di un thriller. Per quanto il film di Stone era lento e farraginoso, per quanto Margin call è teso e coinvolgente.

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