Un thriller interessante e originale, banalizzato purtroppo da un finale un po’ prevedibile e poco realistico, ma decisamente liberatorio. Ho scoperto, molto tempo dopo averlo visto al cinema, che era il remake di un thriller franco olandese, diretto dallo stesso regista cinque anni prima, distribuito in Italia con il titolo Il mistero della donna scomparsa. Pare che l’originale fosse molto più cupo, ma anche più filosofico nelle ambizioni, mentre per il mercato americano il regista, olandese, si è adattato a girare una pellicola più banalmente commerciale e con un finale che potesse essere gradito al pubblico statunitense. Io non ho visto l’originale, ma questo remake mi è piaciuto, pur con i suoi difetti, e ho applaudito il finale.

La storia è abbastanza nuova per il cinema, forse oggi un po’ abusata nei serial televisivi. Il film si apre con la visione sconcertante di un uomo chiaramente squilibrato: un serial killer che ci appare in tutta la sua inquietante follia. Irreprensibile insegnante di chimica, marito e padre affettuoso, Barney Cousins si allena per rapire giovani donne in pieno giorno, utilizzando l’inganno e narcotizzandole con il cloroformio; una volta rapite, però, non sappiamo cosa ne faccia, e questo particolare non si svela fino all’agghiacciante finale. Non sappiamo neppure perché abbia cominciato a farlo, e anche questo si scoprirà verso la fine. I primi 12 minuti del film sono dedicati esclusivamente alla creazione di questo allarmante cattivo.

Nel frattempo, Jeff e Diane, una coppia di fidanzati in viaggio per le vacanze, si fermano ad una stazione di servizio lungo la strada, la ragazza scende dall’auto per andare al bar e non fa più ritorno. Sparita nel nulla, proprio come dice il titolo. Lui denuncia la sparizione alla polizia, ma quando questa smette di cercare, continua le ricerche da solo, affiggendo volantini con la foto della ragazza ovunque, ma inutilmente. Passano gli anni e Jeff sembra essersi rassegnato, tanto che si è impegnato in una nuova relazione con un’altra donna, Rita, che non sa nulla di quanto è successo; ma in realtà è ancora vittima dell’ossessione per Diane, perché vorrebbe almeno sapere che fine ha fatto.

Contattato dal killer, che ha visto affissi i volantini con cui cercava notizie della ragazza, finirà per trovarsi faccia a faccia con lui, che si divertirà sadicamente a stuzzicarlo, e farà qualunque cosa lui gli chieda di fare, pur di sapere che fine ha fatto Diane. Mi fermo qui, perché il finale va assaporato lentamente, anche per comprenderlo meglio. Il film è teso, con un ritmo sostenuto che tiene incollati allo schermo, e con un paio di colpi di scena ben assestati verso la fine, che di certo non guastano.

Manca sicuramente un approfondimento psicologico dei personaggi, perché i ritratti sono tutti abbastanza superficiali, e manca quasi del tutto la componente filosofica, che pare fosse molto ben sviluppata nell’originale. Anche quando Barney spiega le sue ragioni, queste rimangono poco chiare, così come poco chiaro è il motivo che spinge Jeff ad accettare passivamente le sue richieste, mettendo a rischio la propria vita. Senso di colpa? O magari desiderio di ritrovare Diane, viva o morta che sia, e di condividerne il destino? E’ peggio non sapere o scoprire una verità orribile? Di sicuro c’è che il suo comportamento rasenta la stupidità, anche se forse, umanamente, è comprensibile.

“La tua ossessione è la mia arma” gli dice Barney, e ha certamente ragione. Qualche buco nella sceneggiatura, dunque, e un po’ di banalità negli ultimi cinque minuti, ma ho letto come finiva l’originale, e di certo non mi sarebbe piaciuto. Bridges è uno psicopatico memorabile e superbo, che dimostra spietatezza, forza d’animo, una calma snervante e un’arroganza indisponente. Il suo è un gioco mortale al gatto col topo, che abbina ingegno e convinzione omicida, caratterizzato da fobie e insicurezze, suspense e stranezze inquietanti. Ed è abbastanza maldestro da risultare quasi simpatico.

Kiefer Sutherland rimane un po’ più in ombra, dipingendo un uomo debole, vittima di un’ossessione d’amore acuita dal senso di colpa e di impotenza, che lo spinge al limite dell’irrazionalità. Un personaggio fragile, un perdente che non si riscatta neppure sul finale, ben diverso dagli uomini forti e sicuri di sé, spesso prepotenti, a cui ha spesso prestato il proprio volto. Per una volta non è lui il cattivo.

Sandra Bullock, costretta dal ruolo a sparire quasi subito, è un’apparizione comunque deliziosa, che ci fa rimpiangere insieme a Jeff la sua mancanza, per tutto il film. Nancy Travis, che allora era già famosa per film come Affari sporchi e Tre uomini e un bebè, qui conferma il suo talento drammatico in un ruolo delicato, psicologicamente rilevante nella storia, anche se all’apparenza secondario, e che diventa fondamentale sul finale. Peccato che poi abbia optato per il mondo televisivo.

Nel complesso The vanishing è un buon thriller psicologico, con abbastanza colpi di scena da tenere lo spettatore incollato alla poltrona: è inquietante e avvincente, con pochi personaggi, ma ben disegnati, e un finale angosciante che ristabilisce un equilibrio troppo a lungo sbilanciato dalla parte del cattivo. E con un’eroina femminile che riscatta, per intelligenza e coraggio, tutte le vittime di psicopatici della storia del cinema.
Primoooooo!
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Non ho medaglie a disposizione…
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mi basta un riconoscimento plattonico.
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💋 Smack!
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Ciauuuuz!
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Non l’avevo mai sentito nominare.
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Buon giorno al di là del tempo Sembra interessante….. l’originale
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Buongiorno! Lo sai che non si vede più la bellissima immagine del tuo albero?
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e cosa si vede ?
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Entra nel mio blog e lo vedrai
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Proprio stamane ho visto, con Jeff B., Arlington Road – L’Inganno. Un film particolare, sopratutto per quel finale lì… 😉
PS: dire che la vita artistica di questo attore si divide tra quando era magro e affascinante e quando invece ha preso dei chili (ma si è comunque sempre ben difeso nella recitazione)…
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“devo dire…”
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Come attore mi è sempre piaciuto molto. Di Arlington road volevo parlare, prima o poi, è un film molto particolare
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non lo conoscevo ma mi hai incuriosito
me lo vado a spoilerare su wikipedia 😁
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All’epoca ero abbonato a Tele+1 che sapeva come viziare i propri spettatori: ogni volta che usciva un remake presentavano anche l’originale. Così mi sono visto entrambi in rapida sequenza, ma la memoria è troppo lontana per aiutarmi. Posso solo dirti che la sensazione che mi è rimasta che è il remake sia la fotocopia dell’originale, scena per scena, semplicemente con altri attori. Forse però cambia il finale, io ricordo solo quello terribile e cattivo, ma magari era solo dell’originale e poi l’hanno cambiato nella copia.
Onestamente rimasi male dalla totale assenza di equilibrio fra bene e male, essendo solo la storia dell’azione crudele di un mostro, quindi ho subito archiviato tutto nella cantina della mia memoria, anche se comunque mi è piaciuto fare il confronto “in diretta”: che mitico canale che è stato Tele+1 😉
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Ricordo anch’io la bellezza di quel canale e come te vidi in rapida sequenza Funny games, l’originale e il remake americano. Di questo invece l’originale mi è sfuggito, comunque ho letto la trama e finiva male, con la vittoria del mostro. Forse è quello che ricordi tu. Nel remake invece arriva la cavalleria alla fine…
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Nonostante mi abbia sempre incuriosito non ho mai visto questo film. In quegli anni ero troppo fissato con gli horror, ma è da molto che voglio recuperare la visione. La tua recensione mi ha dato un motivo in più per farlo.
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Ne vale la pena, credo, e in fondo qualche sfumatura horror sul finale non manca…
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Jeff Bridges è così originale in questo film che è affascinante!
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Vero 😉
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Well, yes, but for me it doesn’t come close to the original.
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Sorry, I don’t know the original, but I think you may be right.
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