Pomodori verdi fritti, alla fermata del treno (1991)

Basato sul romanzo di Fannie Flagg, che ha lavorato anche alla sceneggiatura del film, è un inno commovente e divertente al legame femminile e all’importanza dell’amicizia, ma anche una potente critica contro il razzismo. Una pellicola incantevole che intreccia due storie di riscatto femminile, con quattro meravigliose interpreti che danno il meglio di sé. La trama è composta da una vicenda di contorno, all’interno della quale si va a sviluppare in forma di racconto, attraverso un serie di flashback, un’altra storia. La vicenda che fa da cornice è ambientata ai giorni nostri, mentre la parte raccontata nei flashback ci porta nel Sud degli Stati Uniti in un’epoca non lontanissima, quando ancora gli afro-americani erano disprezzati e gli uomini trattavano le donne come oggetti.

Nel presente Evelyn è una donna debole e succube del marito, con una bassissima autostima e insoddisfatta del proprio matrimonio; incontra per caso l’anziana Ninny, ricoverata momentaneamente in un ospizio, e parlando con lei conosce la storia di Idgie e Ruth, due donne che negli anni ’30 erano riuscite ad affrontare con coraggio le difficoltà della vita, tra la violenza di un marito prepotente e quella del razzismo dilagante. Non solo Ninny è la prima persona che ascolta veramente la povera Evelyn, ma tramite il suo racconto, le darà nuovi spunti e nuova forza da cui far ripartire la sua triste esistenza.

La storia che Ninny racconta, e che poi è il cuore pulsante del film, è una storia di amicizia, tra la spericolata e selvaggia Idgie e la precisa e impeccabile Ruth. In un Alabama della prima metà del ‘900, in cui la condizione dei neri è ancora praticamente di schiavitù, Ruth e Idgie trovano nella loro amicizia la forza necessaria per affrontare gli ostacoli della vita, dalla morte tragica e insensata del fratello di Idgie, alla fuga dal marito violento di Ruth. Il caffè che apriranno insieme e nel quale serviranno i pomodori verdi fritti del titolo, diventerà presto il centro della cittadina.

Ascoltando i racconti di Ninny, Evelyn trova pian piano la forza di reagire e cambiare quello che non funziona nel suo matrimonio e nella sua esistenza piatta e noiosa. Seguendo la storia di Idgie, Evelyn si fa contagiare dal suo coraggio e dall’energia dell’anziana ma vitale Ninny, acquistando gradatamente l’autostima che le manca e trasformandosi in una donna nuova. E alla fine l’amicizia con l’anziana Ninny le cambierà la vita.

E’ un film piacevole e intenso, che alterna momenti di commozione ad altri di sottile ironia, ben sostenuto dalle interpreti femminili e da una splendida sceneggiatura che intreccia lacrime e sorrisi senza forzature. In certi momenti si passa rapidamente dalle une agli altri nel giro di pochi fotogrammi, ma in fondo succede così anche nella vita. Basta un attimo perché tutto cambi completamente, proprio come accade con la scomparsa improvvisa dell’amatissimo fratello di Idgie.

La forza della vicenda sta sicuramente nella trama, ma anche nell’accurata descrizione dei suoi personaggi, ai quali tutti i protagonisti riescono a dar vita, mostrandone abilmente le varie sfaccettature. In questo modo il film, che pure ha una durata notevole di più di due ore, appassiona e affascina lo spettatore, rendendolo partecipe quasi diretto delle vicende narrate. Le quattro interpreti, Kathy Bates, Jessica Tandy, Mary Stuart Masterson e Mary-Louise Parker sono assolutamente perfette nei rispettivi ruoli, ma la struttura del film penalizza notevolmente la coppia Bates-Tandy relegata ad un ruolo marginale, quasi esclusivamente di voce narrante o al massimo di cornice.

La parte più curata, anche dal punto di vista scenografico, e quella che occupa la maggior parte del film, è quella ambientata nel passato: che si tratti della diga o della ferrovia, delle foglie che si agitano sugli alberi o persino dei membri del Ku Klux Klan con le loro minacciose fiaccole accese, ai dettagli è stata prestata una particolare attenzione che non manca di avere un grande impatto visivo.

Un po’ meno curata la parte che riguarda il presente, caratterizzata soprattutto dal progressivo cambiamento di Evelyn, che Kathy Bates sottolinea con un linguaggio del corpo che non esprime più sottomissione al marito, ma una sempre maggiore sicurezza e autostima, visibili anche da un nuovo look più moderno e aggressivo. A questa parte del film sono riservati i momenti più leggeri, le battute più divertenti, quasi a voler compensare la parte dei flashback, molto più drammatica.

Un film decisamente femminista, che si propone di mostrare tutta la forza di cui possono essere capaci le donne, anche se finisce per far apparire la ribellione di Evelyn banale e quasi ridicola, rispetto a quella di Idgie, avvenuta negli anni ’30. Inoltre va detto che, nel romanzo, Idgie e Ruth sono qualcosa di più che amiche, diventano amanti. Il film invece si limita a suggerire questo rapporto intimo tra di loro, senza soffermarvisi più di tanto.

Forse perché in definitiva non è così importante. Il messaggio che il film vuole trasmettere è che ognuno di noi è in grado, se vuole, di costruire la propria libertà intorno a sé, anche quando per farlo occorre sfidare le convenzioni, o ancor più se stessi e le proprie paure, la propria pigrizia o la comoda rassegnazione. E questo film intenso, intimo e struggente, di una bellezza profonda come quella dei luoghi che descrive, ci racconta il coraggio di chi vuole vivere a modo proprio l’amore per le persone care e per gli amici, ma soprattutto la solidarietà che alimenta gli affetti e nutre la felicità più semplice e vera.

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26 pensieri riguardo “Pomodori verdi fritti, alla fermata del treno (1991)

  1. Visto al cinema alla sua uscita e mi ha subito conquistato, anche perché la Masterson sembrava sarebbe diventata una giovane grande attrice (e per un po’ lo è stata) mentre la Bates cavalcava l’onda, quindi dal punto di vista attoriale è un gioiellino, con tutti quei nomi al bacio.
    Non ho mai pensato a leggere il romanzo, ma il film lo porto nel cuore.

    Piace a 1 persona

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