È il film di una generazione, quella dei vecchi hippy, diventati yuppie. Un film che riflette, attraverso i suoi personaggi, sul senso della vita e su cosa significhi diventare adulti. Il grande freddo che dà il titolo al film è la morte degli ideali della gioventù, i compromessi che l’età adulta porta con sé e che finiscono per svendere a poco prezzo i sogni della giovinezza. L’unico calore capace di bilanciare il grande freddo sembra essere l’amicizia, questo è il messaggio che Kasdan vuole trasmettere, ed è un messaggio universale, che supera il tempo e rende il suo film ancora attuale, nonostante siano passati tanti anni e svariate generazioni.

Un gruppo di amici, ex compagni d’università, si ritrova per il funerale di uno di loro, morto suicida senza apparente motivo. La riunione di questi giovani adulti, ormai trentenni, che non si vedevano dalla fine degli studi e si ritrovano a distanza di dieci anni, permette a ognuno di loro di fare un bilancio delle proprie esistenze, e al regista di interrogarsi sui tanti cambiamenti che inevitabilmente intercorrono nella vita di ognuno di noi. Gli amici si ritrovano diversi, cambiati dalle rispettive esperienze, ma in fondo anche uguali a quelli che erano, almeno nella percezione che hanno di se stessi, e mentre cercano di capire perché Alex si sia suicidato, discutono delle loro vite e si chiedono se abbiano o meno realizzato i loro sogni.

Da questo lungo weekend trascorso a ricordare, sulle note di vecchie canzoni, nessuno di loro uscirà vincente. Tra matrimoni falliti e desideri insoddisfatti di maternità, ognuno ha i suoi motivi di infelicità. L’incapacità stessa di comprendere il gesto di Alex, è a sua volta un ulteriore fallimento che si aggiunge a quello personale di ognuno di loro. Alex sembra essere l’unico che è rimasto fedele ai propri ideali, che non si è svenduto, eppure è finito depresso e povero.

Kasdan si guarda bene dal fare la morale o dal cercare di dare risposte; in realtà si limita a ricordare le domande, facendo un’istantanea di una generazione allo specchio, che potrebbe essere anche la nostra, cambiando semplicemente la musica degli anni ’60 con quella degli anni ’80 o ‘90. Perché in fondo il significato del film sta nella difficoltà di realizzare i sogni della gioventù, proprio perché appartengono al mondo illusorio della giovinezza, in cui la vita ci appare ancora tutta da realizzare, e gli ideali non si sono ancora scontrati con la realtà. In questo senso Il grande freddo è un film amaro, e anche un po’ deprimente.

La grande abilità di Kasdan, che lavora anche alla sceneggiatura, è quella di dare leggerezza all’insieme, e di rendere i suoi personaggi veritieri e non stereotipati, ognuno con le sue peculiarità, costruite attraverso dialoghi memorabili e battute che riescono a sdrammatizzare anche le situazioni più pesanti. Così l’affresco di questo gruppo di amici, compare gradatamente sotto i nostri occhi, realizzato con tenerezza e ironia, attraverso scene costruite con grande naturalezza.

Lo aiuta un cast molto affiatato, in cui la chimica è evidente, e fu raggiunta facendo incontrare i sette protagonisti fuori dal set, qualche tempo prima dell’inizio delle riprese, in modo che si conoscessero e imparassero a interagire prima ancora di imparare il copione. Il risultato è un film corale sull’amicizia, in cui tutti gli attori offrono una performance autentica, sommessa e spontanea, al punto che si avverte tra loro la presenza dell’amico morto, come se realmente fosse esistito. Nessuno è più importante degli altri, nessuno ha più risalto, ma sono tutti ugualmente protagonisti, in un’atmosfera piacevolmente rilassata.


Il film ha lanciato un’intera generazione di attori, che dopo questa prova ha visto fiorire le offerte: da Tom Berenger a Jeff Goldblum, da Meg Tilly a JoBeth Williams, fino ai più convincenti, Kevin Kline, William Hurt e Glenn Close, l’unica nominata agli Oscar. Paradossalmente Kasdan portò fortuna anche a Kevin Costner, scelto per interpretare il morto, che avrebbe dovuto comparire in alcuni flashback; il regista, però, decise di tagliarli e quindi Costner non compare mai nel film, che precede di un paio d’anni il suo primo grande successo con Fandango.
Nel complesso è un film nostalgico ma anche molto equilibrato, in cui i momenti toccanti e quelli più leggeri e divertenti si alternano, senza che nessuno prevalga sugli altri, perché in fondo così è la vita.
Molto bello. Con personaggi molto realistici.
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Il raro incontro, a mio avviso, tra un’ottima regia, un’ottima interpretazione e una sceneggiatura scritta benissimo.
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Infatti. Un film esemplare. 😉
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Una recensione davvero bella per un film altrettanto bello. Apprezzo molto questa storia, la sua scrittura e i suoi personaggi. Ottimo lavoro!
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Grazie per i complimenti, ma li giro tutti al film. E’ facile scrivere di un film così.
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Non credo. Ti stai un po’ sottovalutando.
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Grazie, sei gentile 🙂
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Siccome Costner non mi piace molto, la recensione mi strappa una battutaccia: una delle sue migliori interpretazioni 😀
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Costner mi piaceva da giovane, Robin Hood, Fandango, Un mondo perfetto. Comunque la battuta è buona. 😜
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Grazie 🙂
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Andrebbe fatto vedere alle scuole di sceneggiatura per far capire alla gente come si scrive
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Sicuramente un esempio eclatante.
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Buon giorno 2 mi associo ai complimenti soprattutto per te
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Grazie anche a te 🙂
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Ricordo molto bene quando lo vidi al cinema e mi piacque moltissimo, ma sono passati quasi 40 anni. Ho rivisto questo film poco prima che William Hurt ci lasciasse, l’ho trovato molto, molto invecchiato
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Indubbiamente, però visto con l’occhio dell’epoca in cui è stato fatto, bisogna ammettere che era un piccolo gioiello. È chiaro che sono cambiate tante cose, anche nel modo di fare cinema.
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non tanto per il modo di fare cinema, quando nel modo di pensare
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Un pezzo di cuore!!! Da giovane ho rivisto a profusione il film, una spremuta di attori talentuosi com’è davvero raro trovarne, al servizio di una storia struggente e intensa.
Ovviamente Hurt era il mio preferito ^_^ Ah, e la colonna sonora la adoravo, la conservo ancora in CD.
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“Compagni di scuola” di Verdone qualche vaghissimo debito ce l’ha… 🙂
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Lui ci ha provato, è venuta fuori una scopiazzatura alla romana. Comunque meglio di tanti altri suoi film.
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A me Verdone in genere nn spiace… Non è un gigante ovviamente ma alcuni personaggi sono ormai e giustamente nel mito
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Grande!
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Mi piacque moltissimo quando lo vidi ed è vero quello che scrivi , ma ormai ho l’impressione di aver trovato una “gemella diversa” in te oltre ad un “gemello diverso” ! Mi ritrovo sempre con piacere in quel che scrivi! Grazie
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Grazie, buona serata!
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anche questa una recensione vecchia?
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No, questa è nuova.
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ah
hai usato un periodo usato già in un’altra recensione; ho avuto un forte dejavu
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Può essere benissimo. Ci sono frasi a cui sono affezionata e le uso spesso.
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