Via col vento (1939)

Eliminiamo subito ogni dubbio: non ho intenzione di prendere in considerazione tutte le sciocchezze che sono state dette ultimamente su questa pellicola. Ne parlerò semplicemente come uno dei film di maggior successo di tutti i tempi, che si trova a buon diritto tra i migliori film del ventesimo secolo e tra quelli che hanno scritto la storia del cinema. Piaccia o meno il genere, il film a distanza di 80 anni è ancora spettacolare.

Certo non si può dire che tutte le quasi 4 ore siano ugualmente affascinanti: il film perde un po’ di potenza nella seconda metà, in cui il melodramma prende il sopravvento, ma non c’è dubbio che si tratta di un grande classico, a tutt’oggi ineguagliato. Va visto con occhio benevolo, naturalmente, perché i gusti moderni sono molto diversi, e le storie d’amore di oggi mancano di quell’intensità (un po’ esagerata, ammettiamolo) che circonda Rossella O’Hara e Rhett Butler. Ma fin dal primo momento in cui compaiono nella stessa scena, lo spettatore è catturato dalla loro chimica, e sa esattamente dove si andrà a finire.

Questi due personaggi ostinati e insopportabili, ognuno a modo proprio, sono uno dei maggiori punti di forza della storia: la manipolatrice Rossella e il cinico Rhett. Entrambi ugualmente testardi ed egocentrici, non sono esattamente i personaggi standard di un’epopea romantica. Ci vuole uno sforzo per simpatizzare con loro, ma è questo che li rende speciali. La storia, basata sull’omonimo bestseller di Margaret Mitchell, è ambientata nel sud degli Stati Uniti, nel 1861, alla vigilia della guerra civile.

Al centro di tutto c’è Rossella O’Hara, una bellissima ragazza viziata, abituata a ottenere tutto ciò che desidera, corteggiata da uomini superficiali, soggiogati dalla sua bellezza, che sembrano non vedere il suo pessimo carattere e sono disposti a farsi trattare male, come spesso fanno gli uomini, per un suo sorriso. L’unico di cui è innamorata è Ashley, che sembra essere anche l’unico a resistere al suo fascino; quando lei gli dichiara il suo amore, lui le preferisce la dolce Melania, sicuramente meno bella di lei, ma molto più dolce e di buon carattere, che nel tempo si dimostrerà anche saggia e molto intelligente.

Il caso vuole che la conversazione rivelatrice tra Rossella e Ashley sia ascoltata da Rhett Butler, un affascinante avventuriero, instancabile donnaiolo, con una dubbia reputazione, su cui la vivace Rossella fa immediatamente colpo. Lei lo respinge sdegnosamente, delusa per essere stata rifiutata da Ashley, e ferita nell’orgoglio per aver mostrato allo sconosciuto la sua debolezza. Nonostante il gran numero di personaggi della storia, è la connessione tra Rossella, Rhett, Ashley e Melania l’elemento principale nello sviluppo della trama. E il destino è uno dei personaggi principali.

Via col vento consiste in realtà di due parti, che potrebbero essere due grandi film anche separatamente l’uno dall’altro. La prima metà, in cui siamo coinvolti nella guerra civile americana, è di gran lunga la migliore. Ashley è la rappresentazione delle buone maniere e dei valori morali, e va in guerra come migliaia di altri giovani ingenui e idealisti, credendo nella necessità del conflitto. Rhett, invece, è la personificazione del furfante, cerca di fare soldi con le opportunità che si presentano e preferisce pensare a se stesso piuttosto che alla nazione. Quando lo stato della Georgia viene gradualmente distrutto dagli Yankees e inizia ad andare in rovina, il problema è rimettersi in piedi.

Rossella, che è stata di fatto una ragazzina insopportabilmente viziata fino a quel momento, mostra qui la sua perseveranza e determinazione, e proprio mentre la nostra simpatia per lei inizia a crescere, comincia la seconda parte del film, subito dopo la Guerra Civile e segue la tormentata storia d’amore tra Rossella e Rhett, che nel frattempo si sono incontrati regolarmente negli anni, attraendosi e respingendosi come i poli di una calamita. In fondo il film è diventato uno dei più grandi successi mondiali perché, pur avendo come sfondo la guerra civile americana, tratta temi universali e perciò rimane attuale.

Se nella prima metà dell’opera si rimane sorpresi dall’imponenza della produzione attraverso i suoi costumi, le scenografie, le ambientazioni e la minuziosa rappresentazione dei costumi della società dell’epoca, da questo punto in poi la storia prende fiato e si fa più dinamica, anche se un po’ meno avvincente. Non mancano momenti di tensione e sequenze bellissime, ma il ritmo rallenta di pari passo con la maturazione dei personaggi e l’evoluzione delle loro vite.

Vivien Leigh regala alla protagonista i tratti di una eroina contemporanea, gravata dall’atmosfera conservatrice di una società puritana e antiquata, che rinuncia alla sorte di moglie obbediente, molto prima del movimento delle suffragette. La sua performance è indimenticabile ed è difficile non sviluppare un rapporto di amore-odio per il suo personaggio grazie all’intensità della sua interpretazione, che le valse il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista. Il rozzo mascalzone Rhett Butler sembra fatto su misura per Clark Gable, che oscura completamente la recitazione di Leslie Howard, il pallido Ashley: Howard non riesce a dare veridicità né al bravo ed eroico ragazzo dell’inizio del film, né tanto meno all’angosciato padre di famiglia rovinato dalla guerra, nella seconda parte.

Convincente invece Hattie McDaniel, che interpreta la cameriera nera. Qualunque fosse il ruolo degli schiavi neri in quel momento storico, il film ci mostra una donna saggia, a cui Rossella chiede più volte aiuto, e che viene quasi sempre ascoltata. L’attrice è passata alla storia del cinema per essere la prima donna afroamericana a vincere un Oscar. Tra l’altro era in lizza per la statuetta con Olivia De Havilland, interprete di Melania. Prima di esaltarci per la sua vittoria, però, va detto che le fu concesso di salire sul palco, a prendere la statuetta, solo su insistenza del produttore del film, perché erano gli anni ’40 e il mondo andava così. Inutile scandalizzarci adesso, il mondo per fortuna è andato avanti, e questo è l’importante.

Oltre al cast, Via col vento si distingue per la fotografia, premiata con l’Oscar e certamente avvantaggiata dai colori brillanti del Technicolor, e per la colonna sonora di Max Steiner che ancora oggi rievoca le indimenticabili immagini del film. Tuttavia, più di ogni aspetto tecnico e di mercato, ciò che mantiene tuttora vivo il successo di Via col vento è l’umanità dei suoi personaggi. Non ci sono buoni o cattivi, ma ognuno si trova ad affrontare dilemmi morali e crea legami emotivi difficili da spezzare. E il destino gira sempre intorno, a volte siamo noi a farlo, a volte è lui che ci mostra la sua forza. Quello che conta davvero è capire chi amiamo veramente e dove affondano le nostre radici, perché alla fine queste rimarranno le uniche cose che il vento non potrà portare via.

Via col vento è ancora oggi molto amato, principalmente per motivi nostalgici, come omaggio a un tempo ormai lontano che, per certi versi fortunatamente, non esiste più: è un film che comunque non si può rinnegare né cancellare, ma va preservato e rispettato per il suo valore artistico. E qualunque altra considerazione è solo aria fritta.

Se siete interessati alle vicissitudini riguardanti la produzione, la sceneggiatura e la scelta dei protagonisti, vi rimando a wikipedia.
https://it.wikipedia.org/wiki/Via_col_vento
Se invece vi interessa una curiosità Trucchi da regista

35 pensieri riguardo “Via col vento (1939)

  1. Quando ero piccolo, me l’han fatto vedere… anche perché in TV la scelta era ben più limitata di quella attuale. Però ricordo che m’era piaciuto.
    Per il momento, però, non penso di cimentarmi di nuovo nella visione! 😀

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