Assassinio sull’Orient Express (2017)

Remake del film di Lumet del 1974, ne riprende ovviamente la trama, ma con alcune sostanziali differenze, come per esempio il ruolo dei personaggi, l’inizio della storia e anche la sua conclusione. Sono passati 43 anni tra i due film e si sentono tutti, ma non sempre a discapito del primo. Il secondo è decisamente più moderno nella messa in scena, dinamico e arricchito da effetti speciali. Branagh cerca anche di attualizzare in qualche modo la vicenda, inserendo temi come il razzismo e l’ambiguità morale della giustizia, e si permette pure di modificare il finale scritto dall’autrice e di reinventare il personaggio di Poirot.

Lumet era stato molto più fedele alle intenzioni e allo stile della Christie, soprattutto nella rappresentazione di Poirot e nell’ambientazione della vicenda. La ricostruzione dell’Orient Express fin nei minimi dettagli è uno dei punti di forza del primo film, ed è quello che crea un’atmosfera affascinante e misteriosa, che il secondo non possiede. Sul treno di Branagh mancano i tanti preziosi dettagli che abbondavano nel film di Lumet.

Per quanto riguarda il cast, anche Branagh non si è risparmiato: la sua versione è splendidamente interpretata da un superbo gruppo di attori, diretti con una maestria che non tradisce le attese. Ma la pellicola del ’74 poteva vantare interpreti per certi versi irraggiungibili. E’ nel confronto che il remake ci perde, ed è un peccato, perché preso a sé sarebbe stato un ottimo film.

Johnny Depp è sufficientemente odioso e volgare nel suo rozzo soprabito di cuoio consumato e Michelle Pfeiffer decisamente affascinante nello sfoggiare tutta la sua classe, ma nella comparazione purtroppo escono entrambi inevitabilmente sminuiti: Richard Widmark e Lauren Bacall erano un’altra cosa, e la povera Penelope Cruz, decisamente anonima e insulsa, fatica parecchio a reggere il paragone con Ingrid Bergman.

Si distinguono invece Judi Dench e Olivia Colman, che prelude all’Oscar per La favorita, anche se la principessa Dragomiroff della Hiller era altezzosa e stupendamente incartapecorita, proprio come la descrive Agatha Christie. Judi Dench, pur bravissima, sembra al più una signora dell’alta società, ma non una principessa d’altri tempi.

A questo punto potrebbe sembrare che io preferisca l’originale, ma non è del tutto vero. Quando è uscito il film di Branagh mi sono chiesta perché mai fosse venuto in mente a qualcuno di girare il remake di un film, universalmente considerato un capolavoro; sarebbe come rifare Casablanca, con Tom Cruise e Reese Witherspoon. Ma dopo averlo visto, ho cambiato idea. Branagh ha voluto reinterpretare la storia a modo suo, e da par suo aggiungo, facendone qualcosa di nuovo, e prendendosi quelle licenze che solo un artista può permettersi.

Va riconosciuto al regista il coraggio di aver innovato rispetto al film originale di Lumet, anzi, direi, di aver osato: bellissimi i lunghi piani-sequenza che inquadrano dall’alto la scoperta del cadavere, con una prospettiva insolita e ardita, ma di grande effetto, e molto suggestiva l’immagine dei sospettati allineati, nel finale, come gli apostoli dell’Ultima Cena. Bella anche l’idea della pistola per testare il carattere dei sospettati e studiarne le reazioni.

Poco importa che Branagh sfoderi una mossa di autodifesa fisicamente improbabile per il pingue investigatore belga; il suo film ci regala un Poirot decisamente diverso dai precedenti, ma molto più umano, che sceglie di mettere a tacere le sue adorate cellule grigie per far parlare il cuore, in nome di una giustizia superiore, perché “c’è quello che è giusto, quello che è sbagliato, e poi ci siete voi”.

Molte sono le differenze tra i due film, ed è inevitabile che la pellicola del ’74 risenta del gusto e della recitazione dell’epoca, anche perché si avvalse di attori che erano veri e propri mostri sacri in quel periodo, ma appartenevano alla vecchia scuola, mentre Branagh ha dato alla storia un’impronta molto personale e decisamente più moderna, ma meno aderente al libro. Nel complesso si può dire che è riuscito a reinterpretare un classico, facendolo suo, e raggiungendo un ottimo risultato.

Sia l’originale che questo coraggioso remake sono film molto curati e ben fatti, diversi ma entrambi bellissimi, e la grandezza di uno non esclude quella dell’altro. Se una cosa manca in questo remake è un pizzico di ironia, perché il regista ha volutamente sottolineato l’aspetto drammatico della vicenda. E anche in questo il Poirot di Lumet era molto più aderente al personaggio della Christie: l’ironia sottile è sempre stata una caratteristica del celebre investigatore belga. Del resto Branagh stesso, a proposito del film originale, ha detto: «Quello di Lumet è un capolavoro, una commedia scoppiettante. Il mio invece è un film sulla perdita e sul dolore, sentimenti che in questo momento storico forse la gente è più disposta ad affrontare»

Mentre il Poirot di Lumet, interpretato da Albert Finney, era quello della Christie, piccolo, buffo e grassoccio, ma gigantesco nella sua genialità, quello di Branagh ha la presenza scenica di Thor, ogni inquadratura è per lui, e gli altri personaggi esistono solo per dar rilievo a lui. È un Poirot intelligente, certo, che non ci risparmia le sue elucubrazioni mentali, ma ha anche un’imponenza fisica che l’investigatore belga non ha mai avuto né desiderato. Persino i baffi, pur curatissimi, diventano con Branagh una sciocca esibizione, anziché un vezzo elegante.

Se non conoscete il romanzo da cui è tratto, potrete godervi a pieno la storia e il finale a sorpresa; se invece conoscete già la trama, e magari avete anche visto il film originale, potrete comunque divertirvi a notare le differenze, e apprezzare il taglio innovativo e geniale che Branagh dà alla storia. Oltre al suo prezioso virtuosismo registico.

Come spesso succede nei suoi film, la regia risente in qualche modo della sua mania di grandezza e del perfezionismo con cui cura ogni particolare, asservendo la trama del romanzo originale alla realizzazione delle sue ambizioni artistiche ed estetiche, ma il risultato non delude mai, e alla fine gli si perdona quasi tutto.

Come dico spesso quando si tratta di Branagh, o si ama o si odia, ma non lascia indifferenti. Il suo film è comunque un giallo complesso e intrigante, un thriller ricco di azione e colpi di scena, per un pubblico moderno e smaliziato. E che magari non ha mai letto il romanzo.

26 pensieri riguardo “Assassinio sull’Orient Express (2017)

  1. alla fine anche tu hai recensito il film 🙂
    secondo me il cast che ha scelto per questo film pur non avendo nomi grandiosi come il precedente ha cmq le punte di diamante della nostra epoca; purtroppo, in Assassinio sul Nilo invece il cast non è per niente all’altezza

    io preferisco l’originale, è molto più elegante e ha inquadrature molto più ispirate^^

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  2. Visto due volte, ma le tue considerazioni, da più esperta di me, sono condivisibili. Tuttavia la modernità nei film ha un suo perché e ci coinvolge molto. Se si guardano dei film vecchi bisogna predisporsi e calarsi nel contesto del tempo. Ogni tanto mi cimento anche io in qualche recensione (lasciami questa presunzione). Sono arrivato a guardarmi persino Metropoli e ne sono stato conquistato, ma mi rendo conto che senza lo spirito giusto sarebbe alla stregua della Molto carine. La patata che alberga nella mia testa, che con soldi e potere muove il mondo e da molti più problemi delle patate citate dagli illustri del tuo post. Comunque grande Montanelli.

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