Follia (2005)

Qual è il confine sottile che separa la passione dalla follia, e la follia dalla ragione? E’ chiaro che questo film, in originale intitolato Asylum, come il romanzo omonimo di Patrick McGrath da cui è tratto, non si riferisce alla pazzia com’è comunemente intesa, ma sembra piuttosto un monito a non confondere la passione con l’amore, perché perdere il controllo e lasciarsi andare completamente alla passione può portare alla follia, intesa come assenza totale di raziocinio e di discernimento.

Il film è un’intensa storia d’amore, ambientata negli anni ’50. Un ambizioso psichiatra si trasferisce con moglie e figlio nella villetta adiacente l’ospedale psichiatrico in cui è stato appena assunto. Qui la donna, annoiata e trascurata dal marito, relegata nel ruolo di moglie-madre sempre sorridente e sacrificata sull’altare delle necessità del coniuge, fatica non poco ad entrare nel club delle consorti, con tanto di tè pomeridiani e chiacchiere noiosissime. Max, suo marito, è ambizioso, freddo e totalmente dominato dall’orrenda madre, che osteggia apertamente le iniziative della nuora, tarpandole le ali ogni volta che può, con soddisfazione.

In questo gigantesco e triste pagliaio si accende inevitabilmente una scintilla, che provocherà un incendio di proporzioni devastanti per tutti i protagonisti. Stella, la moglie che il marito considera ormai un grazioso soprammobile, conosce un paziente della clinica psichiatrica che si occupa del giardino, affascinante quanto, ovviamente, disturbato: l’uomo è un uxoricida che ha ucciso la moglie in un eccesso di gelosia, ed è esageratamente possessivo. Ma anche molto passionale.

Tra i due scoppia un’attrazione sfrenata e irrazionale, alimentata dalla solitudine affettiva di entrambi, che sfocerà prima in una relazione clandestina all’interno della clinica, e successivamente in una breve fuga romantica dei due amanti, inseguiti dalla polizia e dal marito di lei, in realtà più preoccupato delle conseguenze sulla propria carriera che della perdita della moglie.

Fra i due innamorati, riportati loro malgrado all’ovile, si interpone un luminare dell’istituto psichiatrico, che ha in cura l’omicida: il medico, vagamente attratto dalla donna, è convinto di poter sfruttare la passione tra i due, per curare la follia dell’uomo. Quando anche la donna, annientata completamente dalla relazione, al punto da lasciar “distrattamente” annegare il proprio figlio, viene ricoverata nello stesso istituto e affidata alle cure del medico, questo deciderà di tentare un proprio personale esperimento, che evolverà inevitabilmente in tragedia.

Storia d’amore a parte, viene da chiedersi quale sia la vera follia: quella di chi, fingendo e sopportando ogni umiliazione, si limita a lasciar scorrere la propria vita, accettandone l’apparente tranquillità, o quella di chi, rinunciando a qualunque compromesso, insegue il sogno temerario di un po’ di felicità? Sono più folli i due amanti che seguono l’istinto, lasciandosi condurre inevitabilmente alla rovina, o il medico che abusa ignobilmente del suo potere per raggiungere i propri scopi? La freddezza con cui lo psichiatra, negli ultimi fotogrammi del film, chiude il fascicolo di Stella, come quello di un paziente qualunque, la dice lunga sul suo stato mentale.

Sono gli attori a rendere apprezzabile questa pellicola. Natasha Richardson si cala nel personaggio di Stella rappresentandone tutte le sfumature, senza però cadere nella trappola del melodramma; Marton Csokas, già marito di Galadriel ne Il signore degli anelli, è il paziente uxoricida, affascinante e sufficientemente sensuale, senza sconfinare nella volgarità che sarebbe stata naturale per il suo personaggio. Hugh Bonneville è il marito, anonimo, insipido e insopportabile opportunista. Ma sopra tutti si eleva Ian McKellen, altro reduce de Il signore degli anelli, inquietante e impenetrabile sperimentatore, che muove i fili dell’intera storia fin dall’inizio, più come un entomologo che come uno studioso dei comportamenti umani.

La regia è curata ma fredda, senz’anima, quasi come la casa di Stella, se paragonata alla soffitta misera e squallida, ma ardente di passione, in cui consumerà la sua breve storia d’amore con Edgar.

Il film vuole essere anche un atto d’accusa nei confronti dell’High Royds Hospital, un istituto psichiatrico inglese, noto per i metodi repressivi e violenti, che hanno per decenni mietuto vittime; gran parte del film è stato girato all’interno dell’ospedale, oggi in disuso, e nei titoli di coda è esplicitamente dedicato alle tante vittime di questa odiosa struttura.

Non è un film per tutti. Assolutamente non per i bambini, ma nemmeno per chi cerca sempre il lieto fine. Perfetto per chi ha sognato sulle pagine di Anna Karenina e ama le storie d’amore travolgenti anche quando finiscono male. Purché ne sia valsa la pena.

29 pensieri riguardo “Follia (2005)

  1. Ti dirò che non mi era piaciuto molto come spesso mi succede nelle trasposizioni dai libri, sicuramente stavolta meglio il libro! Il tema è interessante , ma che dirti manca l’emozione? Non so forse! Bravissima come sempre , buona giornata

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  2. L’ho visto proprio da poco, credo di averlo beccato su Prime Video o qualcosa del genere, e mi sento di concordare con il tuo giudizio: non ho letto il romanzo originale ma sentivo che sicuramente il film stava lasciando per strada elementi importanti. Comunque mi sono gustato le prove attoriali davvero al bacio.

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    1. Il discorso misoginia è anche frutto dell’epoca in cui è ambientato, non poteva essere diverso. Comunque il ritratto di lei a me è piaciuto, in fondo esce vincitrice sulle figure maschili. Libertà a qualunque costo.

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