Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)

Un film emozionante come pochi altri, una delle migliori interpretazioni, se non la migliore in assoluto, di Jack Nicholson, circondato da un cast in stato di grazia e sorretto da una sceneggiatura da brividi. Non a caso è uno dei film che ha vinto i cinque premi Oscar più importanti, dopo Accadde una notte e prima de Il silenzio degli innocenti: miglior attore e miglior attrice protagonista, miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura. Più altre quattro nomination, per Brad Dourif come miglior attore non protagonista, e poi per la fotografia, il montaggio, la colonna sonora.

Il film è basato sull’omonimo bestseller di Ken Kesey del 1962, un libro di transizione tra la Beat Generation degli anni ’50 e il movimento hippie degli anni ’60. Nonostante il tema principale sia la malattia mentale e gli orrori degli ospedali psichiatrici, il film affronta anche temi sociali molto più ampi, come la contestazione dell’autorità, il rapporto tra autoritarismo e ribellione, e i pregiudizi verso i nativi americani.

L’antefatto vede Patrick McMurphy, accusato di stupro, che cerca di ottenere l’infermità mentale per evitare la condanna ai lavori forzati: viene quindi ricoverato sotto osservazione in un ospedale psichiatrico, dove lui spera di poter scontare la propria pena in alternativa al carcere. Il soggetto è un libertino, ribelle per natura, e non tarda a scontrarsi con la caposala, l’infermiera Ratched, che dirige il reparto con ferrea disciplina.

Forte della sua personalità, McMurphy diventa ben presto una guida per gli altri pazienti ricoverati, che non hanno mai osato ribellarsi alle regole imposte dalla caposala, e sconvolge la tranquilla routine dell’ospedale, mostrando loro che non solo si può disobbedire, ma che la disobbedienza è molto più divertente. L’infermiera Ratched non tarderà a reagire, quando vedrà minacciati i pilastri del suo regime, quasi militaristico; lo scontro tra i due avrà esiti drammatici, e non solo per McMurphy.

Il film si traduce in una gara di bravura tra Nicholson, nei panni di McMurphy, e Louise Fletcher, nel ruolo della terribile infermiera Ratched: Nicholson, come fa spesso quando recita, non interpreta il personaggio, ma si trasforma in lui, rappresentandone tutte le sfaccettature più intime, dall’istintiva insofferenza alla disciplina, fino alla rabbia incontenibile di fronte all’ingiustizia, dall’astuzia con cui manipola i compagni e ne sfrutta le debolezze, all’insospettabile empatia che mostra nei loro confronti.

Louise Fletcher rappresenta nel modo più duro l’autorità costituita, la vigliaccheria del potere che se la prende con i più deboli ed esercita il proprio ruolo di comando con crudeltà esagerata e spietatezza ingiustificata, solo perché può farlo. Ma anche l’esasperazione di chi vede improvvisamente messo in discussione il proprio ruolo, e si sente obbligato a rafforzarne l’autorità. Al di là della evidente denuncia nei confronti dei metodi di “cura” della malattia mentale, tenuta sotto controllo attraverso metodi invasivi come elettroshock e lobotomia, la pellicola vuol essere anche una metafora della società, dell’eterno conflitto tra il sistema che cerca di imporre regole e mettere limiti alla libertà, e chi invece a quel sistema si oppone con forza, rivendicando la propria indipendenza. Ed è significativo che McMurphy scelga l’ospedale, sperando di essere più libero che in prigione, ma finisca per avere la peggio. E’ la vittoria del sistema che isola e annienta chi non si allinea.

Attorno a Nicholson brilla un cast particolarmente efficace, che comprende Christopher Lloyd, Danny De Vito, Brad Dourif, nominato come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione di Billy, e Will Sampson, l’attore nativo americano che interpreta il gigantesco Capo Bromden. La regia non è alla ricerca di particolari guizzi, e non ne ha bisogno, assecondata da un montaggio accurato che alterna sapientemente intensi primi piani a immagini di gruppo, dove la perfetta sincronia tra gli attori rende lo spettatore partecipe delle loro emozioni più profonde.

Il film di Forman è un tour de force nella recitazione d’insieme e riesce a essere sia una commedia brillante che un dramma doloroso, fondendo abilmente una perfetta interazione tra i personaggi con momenti di umorismo spontaneo che nasce dalle situazioni. E anche il confine tra bene e male non è così definito: McMurphy non è certo un personaggio positivo, eppure finisce per avere il ruolo dell’eroe, mentre Ratched, che fino a un certo punto fa il suo dovere e dovrebbe essere dalla parte del giusto, si trasforma in un cattivo da antologia.

Qui sta la grandezza del film di Forman: lo sviluppo di un protagonista e di un antagonista entrambi molto complessi, i cui ruoli si scambiano a seconda delle circostanze. Un film che commuove e fa riflettere, e che regala uno dei finali più emotivamente strazianti e insieme più belli nella storia del cinema.

23 pensieri riguardo “Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975)

  1. Ho adorato questo film, soprattutto perché ha la mia stessa visione dei manicomi e di come si trattano le persone “non normali”. Come scrivevo tempo fa, questo agomento è stato una delle mie prime battaglie, quando ancora ero all’asilo. Ma non è cambiato poi così tanto da allora, la “diversità” è trattata male in favore di un conformismo accettato senza far domande.

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  2. Capolavoro da parte di un regista, Forman , tra i più interessanti.
    Lo vidi al cinema da piccolissimo. Non so come venne in mente ai miei genitori di farmi assistere a un film del genere, di cui comunque capii tutto perfettamente nonostante la mia giovanissima età.

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