Come rubare un milione di dollari e vivere felici (1966)

Una commedia leggera e piacevolissima ancora oggi, pur lontana da altri capolavori di Audrey Hepburn molto più famosi. Un mix perfettamente riuscito di due sottogeneri, che prende in prestito elementi da entrambi senza cadere negli stereotipi dell’uno o dell’altro. Il titolo italiano, più completo dell’originale, tradisce il contenuto della storia e ne anticipa il finale. Il film, infatti, fonde il racconto di un furto, per molti versi comico e di certo originale, con una romantica storia d’amore tra i due protagonisti.

La graziosa Nicole è la figlia di Charles Bonnet, una figura famosa nei circoli dei collezionisti d’arte francesi. Più volte ha donato un pezzo della sua collezione personale per arricchire il catalogo di un’asta e permettere ad altri di avere il piacere di avere nelle proprie collezioni un capolavoro. In realtà Bonnet è un imbroglione che falsifica opere d’arte e le vende come se fossero di artisti famosi. Con molta riluttanza, rinuncia a uno dei suoi pezzi più ambiti, la Venere del Cellini, perché sia esposta in un museo, non sapendo che in questo modo l’opera sarebbe stata sottoposta a un esame tecnico per l’assicurazione, e si sarebbe sicuramente rivelata un falso.

Nicole decide quindi di fare l’impossibile per evitare che il padre finisca in galera, e quando sorprende in casa propria quello che crede essere un ladro, gli chiede aiuto per rubare la statua dal museo e impedire in questo modo la perizia dell’assicurazione. In realtà l’affascinante ladro si rivela essere qualcun altro, ma decide comunque di stare al gioco e di aiutare la ragazza. Riusciranno i nostri eroi a ingannare i sistemi d’allarme del museo e a rubare la sorvegliatissima statuetta del Cellini? E nel farlo, riusciranno a non innamorarsi?

È chiaro che si tratta di un film commerciale che approfitta di due star, Audrey Hepburn e Peter O’Toole, reduci da grandi successi, e come tali in grado di attirare il pubblico; non è una commedia sofisticata, come Colazione da Tiffany, e di certo non è il miglior film di Wyler, che ha firmato commedie molto più divertenti. Rimane però una pellicola piacevole, in cui i due protagonisti sviluppano una chimica più che apprezzabile, tanto che la storia d’amore che nasce tra loro appare del tutto naturale, e non un espediente artificioso per strizzare l’occhio al pubblico.

Merito dei due attori, certamente, ma anche di una sceneggiatura ben calibrata e della regia mai forzata di Wyler. Il rapporto tra Nicole e Simon nasce e si costruisce senza forzature evidenti, ma con dinamiche giocose e situazioni occasionali in cui vengono a trovarsi, senza mai prendersi troppo sul serio, come se quello che accade sorprendesse più loro dello spettatore che vi assiste. La mano di Wyler si nota nella fluidità con cui le sequenze si susseguono, in modo che vengono percepite come un’unica narrazione. Il merito non è solo di un montaggio che nasconde i tagli, ma di una storia costruita visivamente in modo che tutto sembri logico ed essenziale.

Il film è illuminato dalla presenza di Audrey Hepburn che, come sempre, riesce ad ammaliare lo spettatore con i suoi occhi da cerbiatto e la classe insuperabile esaltata dagli splendidi abiti firmati Givenchy. Tutto lo stile Hepburn è presente in questo ruolo, che le calza come un guanto: eleganza e un pizzico di follia, mista a una bellezza semplice ma maliziosa. Al suo fianco, Peter O’Toole ha più difficoltà a trovare spazio per il suo personaggio, eclissato com’è dalla sua abbagliante partner.

Ci riesce grazie all’ironia che la sceneggiatura riserva al suo personaggio, e a quell’aria fanciullesca e ingenua che è una delle sue caratteristiche più amabili. Accanto a loro compaiono altri attori di spicco, a cominciare da Hugh Griffith, nel ruolo del falsario, anarchico imborghesito e un po’ visionario, ed Eli Wallach nei panni di un fanatico collezionista, disposto a sposare la dolce Nicole, pur di entrare in possesso della preziosa statuetta.

A loro si affiancano un certo numero di ottimi attori francesi che contribuiscono all’autentico sapore parigino del film; Charles Boyer ha una piccola parte nei panni del proprietario di una casa d’aste rivale, e il famoso comico Moustache interpreta una delle guardie del museo, a cui piace ogni tanto farsi una bevuta. Anche Marcel Dalio e Jacques Marin compaiono in piccoli ruoli.

Il film quindi vanta un cast nutrito, una sceneggiatura che fonde suspense, ironia e romanticismo, una colonna sonora memorabile di John Williams e gli eleganti abiti di Givenchy indossati dalla classe unica della Hepburn; ma ciò che rende l’insieme un vero piacere è la sua ambientazione nella Ville Lumière.

Il film evita le strade acciottolate e i caffè di Parigi che sono spesso ritratte nei film di Hollywood e ci mostra invece la Parigi elegante, con fantastiche auto sportive, musei ​​e case d’asta, tutto ciò che può ruotare intorno al mondo glamour dei collezionisti d’arte.
Alla fine si trascorrono due ore incantevoli, in compagnia di due attori adorabili, senza annoiarsi per un solo istante, che di questi tempi non è poco.

12 pensieri riguardo “Come rubare un milione di dollari e vivere felici (1966)

  1. un film cult per appassionati della Hepburn e non solo, lo ricordo bene perchè rivisto in una serie a lei dedicata pochi anni fa; classe e stile impeccabili, attori di calibro ce non potevano nè possono tuttora deludere e tengono ancora testa ai divi attuali

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