Un’arida stagione bianca (1989)

Volevo ricordare in qualche modo Donald Sutherland, un attore che ho amato molto e che ha lasciato svariate tracce di sé nel mondo del cinema, alcune molto significative. Ho scelto questo film che di certo non è il suo più famoso e forse neppure la sua interpretazione più incisiva, ma è una pellicola che andrebbe riscoperta e rivalutata, e che invece per tanti motivi ha finito per essere dimenticata. E’ un film potente, emotivo e arrabbiato, ma anche sottile e profondo, un esame di coscienza dell’uomo bianco che, dopo essere stato cieco per tanti anni, forse volontariamente, quando finalmente apre gli occhi non può più negare la realtà.

E’ il 1976, in pieno apartheid. Siamo nel piacevole mondo dei sobborghi bianchi del Sud Africa, dove in una confortevole casa di periferia vive la sua tranquilla routine Ben du Toit, un insegnante bianco, apparentemente ignaro della violenza che lo circonda. Quando il suo giardiniere nero, con cui ha un rapporto anche di amicizia, gli racconta che la polizia ha portato via suo figlio durante un corteo di protesta, la sua prima risposta è di attendere fiducioso che la giustizia faccia il suo corso: sicuramente si renderanno conto che il ragazzo non ha fatto nulla e lo rimanderanno a casa.

Quando però sembra che il ragazzo sia stato vittima di brutalità da parte della polizia, Ben comincia a indignarsi, ma poiché è una persona onesta (e forse anche un po’ ingenua) consiglia al giardiniere di aspettare e non dare retta a voci tendenziose. Ma il padre del ragazzo si rivolge a un avvocato africano per ottenere delle risposte. Non passa molto tempo che anche il giardiniere scompare, e a questo punto Ben decide di usare la sua posizione nella comunità per arrivare alla verità.

Il film segue il lento percorso di quest’uomo perbene e pacifico, che naturalmente disapprova l’ingiustizia in linea di principio, e che si trova improvvisamente di fronte alla rivelazione di soprusi e prevaricazioni per lui inimmaginabili. Assistiamo alla sua incredulità e al suo sincero stupore quando inizia a sospettare quello che per lui è impensabile, che il ragazzo e suo padre siano stati massacrati all’interno del sistema giudiziario, facendoli passare per suicidi. Il senso di colpa per non averli aiutati quando ancora avrebbe potuto, lo spinge a cercare di render loro giustizia in qualche modo.

Invece di girare la testa dall’altra parte, come vorrebbero la moglie e la figlia per non compromettere la propria tranquillità, Ben decide di indagare dall’alto del suo status di uomo bianco rispettato, e inizialmente gli viene concesso, finché non comincia a fare le domande sbagliate. A quel punto viene di colpo ostacolato, perde il lavoro e arriva a rischiare la vita, mentre la moglie gli rinfaccia di aver tradito la sua famiglia, la figlia si vergogna di lui, e solo il figlio più piccolo sembra comprendere che lui sta cercando ostinatamente di fare la cosa giusta.

Simile ad altri film di questo periodo, come Hotel Rwanda o Un mondo a parte, la trama si concentra su un personaggio centrale, che è bianco, per descrivere un Sud Africa che pochi bianchi conoscono davvero. Ma qui l’esperienza dei neri africani descritta nel film, è molto più realistica rispetto ad altre pellicole: ci mostra senza remore la vita quotidiana negli agglomerati urbani riservati ai neri, e ci racconta la loro lotta quotidiana per vivere dignitosamente, senza ricorrere a banali stereotipi; mostra nel dettaglio le torture della polizia, senza alcun intento sensazionalistico, ma come una prassi conosciuta e accettata come normale.

La regista Euzhan Palcy fa un ottimo lavoro nel mostrarci la brutalità diffusa in Sud Africa, senza sembrare di parte. E lavora con cura sui dettagli dei personaggi per farci arrivare certe sfumature, come quando l’avvocato nero, pur essendo istruito, si umilia di fronte al poliziotto bianco per ottenere udienza. Con le giuste parole, con il giusto tono della voce, perché sa bene che così si deve fare. Di ben altro tenore l’intervento dell’avvocato bianco, assunto da Ben, che pur sapendo che la causa sarà inutile, perché non esiste giustizia in Sud Africa, non si tira indietro e gli promette che farà di tutto per aiutarlo.

L’intermezzo costituito dalla causa in tribunale, che è illuminato dalla presenza straordinaria di Marlon Brando in un cameo che è esagerato sotto tutti i punti di vista, costituisce uno dei momenti più alti del film, e uno dei motivi che basterebbero da soli per scegliere di vederlo. Brando si concede gesti teatrali, divagazioni divertenti, espressioni falsamente stupite. Con la sua interpretazione enfatizzata disegna un avvocato molto brillante, che usa la propria intelligenza in modo cinico e ironico, come forma di protesta contro un sistema che non può combattere altrimenti.

Estremamente misurato, invece, Donald Sutherland che interpreta con silenzi dignitosi e sguardi dolorosamente intensi tutto lo stupore di un uomo che scopre improvvisamente una verità terribile, per lui inverosimile. E la sua coscienza non gli permette di ignorarla, anche se questo significa rinunciare alla vita tranquilla che ha vissuto fino al giorno prima. Nel complesso il film è raffinato, ben realizzato ed emotivamente efficace, ma anche equilibrato, perché cerca di mostrare entrambe le facce della medaglia: in questo senso è cruciale il personaggio della moglie di Ben, che pur disapprovando l’apartheid, teme che la sua abolizione potrebbe mettere i bianchi in posizione di svantaggio eccessivo.
E’ un film ben ponderato nel suo svolgimento, che diventa oltremodo potente nel suo impatto finale.

23 pensieri riguardo “Un’arida stagione bianca (1989)

  1. Rete4 l’ha mandato in onda il giorno della morte dell’attore, cambiando il palinsesto!

    L’ho visto da ragazzo, quando con i miei noleggiavamo in videoteca ogni film che avesse un attore famoso, e subito adorato, pur essendo durissimo e crudele, ma è fatto così bene (o almeno così lo ricordo) che stai attaccato al video e non molli fino alla fine!

    E’ un peccato che negli ultimi vent’anni il povero Donald si sia infilato in centinaia di minuscoli ruoli per lo più inutili, per pagare le bollette, perché così facendo ha dato l’impressione di essere un attore secondario, tappa-buchi: per fortuna essendo cresciuto nell’epoca delle videoteche ho potuto gustarmi un sacco di suoi ottimi film 😉

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    1. Io lo vidi all’epoca su Tele+, poi quando l’ho trovato ho comprato il DVD. Non sapevo di rete 4, è una vita che non guardo più la tv generalista, che mi sembra ormai solo piena di grandi fratelli e serie tv italiane inguardabili. Forse sono diventata troppo snob…

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  2. Ho scoperto solo ora che il presidente Snow ci ha lasciato pochi giorni fa. Comunque, parlando di questo film, ricordo che ne avevo visto qualche minuto e sembrava piacermi, specialmente per la tematica, ma essendo già iniziato, non ho voluto rovinarmelo. Da allora non mi è ancora capitato di vederlo, ma è sulla mia lista.

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