Chi ha incastrato Roger Rabbit? (1988)

Questo post è frutto di una collaborazione con un altro blogger, Il Buio Dentro, che di solito non si occupa di cinema, ma è un grande appassionato ed esperto di film di animazione. Visto che io invece me ne intendo poco, gli ho chiesto se gli facesse piacere collaborare a una recensione di questo capolavoro. Perciò io ho scritto solo un’introduzione e mi sono limitata a impaginare il suo prezioso contributo.

Il film credo non abbia bisogno di molte presentazioni: è una pietra miliare nella storia del cinema, e non solo per la tecnica mista con cui è stato realizzato, che affianca disegni animati a personaggi in carne ed ossa. Era già stato fatto, ad esempio in Mary Poppins e Pomi d’ottone e manici di scopa, però questa volta i disegni animati non sono un accessorio del film, ma dei veri protagonisti, che recitano a tutti gli effetti con i personaggi in carne ed ossa, spesso rubando loro la scena. E c’è addirittura una parte del film in cui sono i personaggi reali a muoversi in un mondo disegnato.

La storia riprende il genere noir e segue le indagini di un trasandato detective che cerca di scagionare il proprio cliente dall’accusa di aver ucciso un corteggiatore della moglie. Il detective è Bob Hoskins, mentre il cliente e la moglie sono un’improbabile coppia formata da un coniglio pasticcione e da una provocante cantante di night, doppiata nella parte parlata da Kathleen Turner. Indagando, il detective scoprirà l’esistenza di un losco figuro, il giudice Morton, che ha intenzione di distruggere Cartoonia e tutti i suoi abitanti, utilizzando un liquido di sua invenzione, chiamato la salamoia, l’unico in grado di uccidere i cartoni animati, che sono immortali per definizione.

La trama in sé non è importante, perché la forza del film è lo spettacolo visivo che è il risultato di una lavorazione lunga, complessa e molto accurata. Ma Chi ha incastrato Roger Rabbit? non è soltanto un film a tecnica mista, ha un significato molto più ampio, a partire dalla sua ambientazione. E’ il 1947, un’epoca importante, infatti siamo verso la fine dell’era in cui i cartoni animati erano pensati e considerati per un pubblico vasto e non solo rivolti all’infanzia. L’atmosfera è tutto quello che ci si può, e ci si deve, aspettare per l’epoca: fumo, alcol, sessismo, volgarità, cupidigia. Infatti il film venne prodotto dalla Disney utilizzando il marchio Touchstone, di solito riservato a produzioni più adulte.

Bob Hoskins, per immedesimarsi nel ruolo, otto mesi prima delle riprese, iniziò a parlare da solo, facendo finta di conversare con qualche personaggio immaginario. Durante la realizzazione del film questa costante diventò più assidua, tanto da portarlo a soffrire di allucinazioni uditive anche dopo il termine delle riprese. Gli ci volle un po’ per riprendersi.

Christopher Lloyd è semplicemente superlativo nel ruolo. Il suo personaggio è considerato forse un po’ stereotipato, ma non è un difetto, è così che doveva essere, perché: “quell’idea così imbecille di una superstrada la poteva escogitare soltanto un cartone”. La crudeltà mostrata nell’immergere la povera dolce scarpina in salamoia (malgrado il trauma della visione) è una prova di recitazione di alto livello. La sequenza dove il giudice Morton si rialza dopo essere stato appiattito da una schiacciasassi, è l’unica non realizzata tramite animazione tradizionale, ma attraverso una tecnica detta passo uno (o stop-motion).

La produzione presentava molti grattacapi burocratici, primo su tutti quello di acquisire non solo i diritti dei personaggi di altre case di produzione, ma anche i relativi accordi su come e quanto rappresentarli sullo schermo. Impensabile escludere i personaggi della rivale Warner, gli unici che per più tempo non solo hanno tenuto testa alla casa di Walt, ma in alcuni periodi l’hanno addirittura superata. Possiamo trovare questo testa a testa in tre diverse occasioni, la prima di sicuro nella sfida al pianoforte, tra Duffy Duck (rappresentato col design di Chuck Jones) e Paperino. Successivamente i due “divi” Bugs Bunny e Topolino nella scena del paracadute. Per ultimo, proprio in chiusura, dove Porky Pig si cimenta nel suo famoso “Questo è tutto”, con Trilli che chiude il film con la bacchetta magica.

Le citazioni dell’epoca, inserite ovunque, sono innumerevoli, difficili da contare. Degno di nota è l’articolo di giornale presente all’interno dell’agenzia investigativa, dove i due fratelli avevano scagionato Pippo dalle accuse di spionaggio, chiaro segno antimaccartista. Betty Boop, unico personaggio animato con cui Eddie andava ancora d’accordo, rappresentata in questa occasione prima della censura subita dal codice Hays, dà malinconicamente la colpa al passaggio al colore, ma è evidente sia lei la prima a non crederci.

Un grande, e doveroso, omaggio a Felix si può trovare all’ingresso del tunnel per Cartoonia, rappresentato come le maschere del teatro. Fu infatti lui il primo personaggio di successo mondiale, capace di far affezionare le persone a questa grande arte. Purtroppo ristagnò nel suo brodo, incapace di evolversi coi tempi. Furono convocati gli artisti di ogni studio per poter animare i propri personaggi, ma con la Disney e la Warner a fare la voce grossa.

Si può dire che questo film, nonostante sia in tecnica mista, abbia salvato l’industria dell’animazione cinematografica occidentale, dopo troppi anni di stagnazione. La casa di Topolino era in sofferenza dalla morte del suo fondatore e il flop (secondo me ingiusto) di Taron e la Pentola Magica, aveva fatto disamorare il pubblico. C’erano continue produzioni e nuove proposte, come i film di Don Bluth, ma di limitato successo, soprattutto temporale. Il grosso degli sforzi dell’animazione erano riservati a produzioni televisive low-budget ma di grosso introito pubblicitario.

Da Roger Rabbit in poi, il cinema ha ricominciato a far girare i suoi rulli, non solo per la Disney, ma anche per altre case. Gli anni ‘90 furono un periodo d’oro. La Warner riprese in mano i lungometraggi, la DreamWorks (fondata da uno dei realizzatori di questo film) prese vita, la Amblin e la Fox produssero lungometraggi notevoli.
E tutto questo grazie ad un coniglio in salopette rossa che non riusciva a vedere le stelle.

36 pensieri riguardo “Chi ha incastrato Roger Rabbit? (1988)

  1. Non ho mai visto questo film (ovviamente lo conoscevo di nome, e l’ho sentito citare spesso), ma è stato comunque un piacere leggere un articolo così ben scritto da persone così preparate ^-^

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  2. Questo film è una vera opera d’arte, uno dei migliori film a tecnica mista che abbia mai visto. Un’opera simile riesce a essere moderna anche oggi e riesce a far appassionare le persone all’animazione. E’ vero, grazie a questo film (e poco dopo alla Sirenetta) l’animazione occidentale finalmente riottenne una certa fama e venne nuovamente apprezzata. Inoltre è un film geniale per la regia, per il ritmo, per i personaggi e per la cura maniacale di ogni dettaglio. Un film da rivedere e amare. Ottimo lavoro a entrambi!

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  3. “Chi ha incastrato Roger Rabbit” è uno dei film cardine della mia infanzia, un film che ho visto e rivisto ma anche uno dei primi film ad avermi traumatizzata proprio con la scena della scarpa citata nell’articolo. Complimenti a entrambi per il bellissimo articolo, ci sono molte curiosità di cui non ero a conoscenza.

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