Blindness – Cecità (2008)

Dopo aver letto il meraviglioso romanzo di Saramago, ero curiosa di vedere come il brasiliano Meirelles lo aveva trasposto in un film e non sono rimasta delusa: potente almeno quanto il romanzo, inizia nello stesso incrocio trafficato in cui un uomo, improvvisamente e senza apparenti motivi, perde la vista e non è più in grado di guidare la sua auto. Un passante si offre di aiutarlo, ma il suo gesto si rivela ben presto un inganno per rubargli la macchina. In questo incipit così crudele c’è già riassunto tutto il succo della storia, lo sguardo amaro e disilluso su un’umanità allo sbando che invece di scoprire i valori della solidarietà, diventa sempre più egoista e opportunista.

La cecità comincia a diffondersi come una malattia contagiosa quanto misteriosa, di cui non si conoscono le cause né le possibili cure. I malati vengono confinati in strutture fatiscenti, non per essere curati o assistiti, ma semplicemente mantenuti in vita tramite la somministrazione dei pasti, con l’ordine perentorio di uccidere chiunque cerchi di fuggire da questi lazzaretti.

I contagiati sono costretti ad autogestirsi, facendo fronte da soli alle evidenti difficoltà pratiche della loro condizione; sembra quasi che la società si disinteressi di loro, senza tuttavia avere il coraggio di eliminarli, ma tollerandone la presenza a patto che rimangano confinati, e non costituiscano quindi un pericolo per i sani. Nella confusione generale, c’è un’unica eccezione: la moglie di un oculista, uno dei primi contagiati, che, nonostante sia stata esposta al contatto, non ha perso la vista.

Quando il marito viene prelevato per essere portato in una delle strutture adibite al ricovero dei malati, lei si finge cieca per seguirlo. All’interno del ghetto in cui vengono rinchiusi, sarà lei, unica vedente, a cercare di aiutare tutti gli altri, pur non dichiarando mai la propria condizione, almeno all’inizio. Cercherà di organizzare una parvenza di vita civile, ma non riuscirà a impedire che prevalga la legge della giungla.

Sarà ancora lei a difendere le donne dalla violenza degli uomini, e a guidare il gruppo nella fuga dall’ospedale quando l’intera struttura andrà a fuoco. Sarà proprio al momento della fuga che si accorgerà con terrore e raccapriccio che tutto il mondo ormai è diventato cieco, e con la cecità gli esseri umani hanno perso ogni freno, regredendo allo stato di selvaggi, e vivendo in una condizione di completa anarchia.

Riuscirà a guidare il gruppo di sopravvissuti fino a casa sua e qui, dopo una notte finalmente tranquilla, al mattino inizieranno uno dopo l’altro a recuperare la vista, esattamente come l’avevano perduta. Non cercate una spiegazione, perché non c’è: non si sa come e perché è iniziata, e allo stesso modo non è dato sapere perché finisce. Alla fine, non è poi così importante. Forse ho raccontato troppo della storia, ma in realtà c’è molto di più, ed è un film che andrebbe guardato con attenzione, fermandosi a riflettere su quasi ogni fotogramma.

Ho visto molti film di genere catastrofico, in cui l’umanità deve cercare di sopravvivere con ogni mezzo a una situazione di emergenza, ma in nessun altro ho visto un abisso di degradazione e violenza come in questo: ci sono scene che si fa fatica a guardare, le stesse che Saramago aveva descritto, nel suo romanzo, con assoluto realismo e un’incredibile assenza di partecipazione emotiva. E Meirelles ci restituisce quello stesso realismo in immagini crude e a tratti insostenibili, ma nello stesso tempo riesce a regalarci momenti di un delicato lirismo, che non possono essere descritti né raccontati.

È chiaro che il libro di Saramago è una potente metafora sulla degenerazione dei valori umani di fronte all’istinto di sopravvivenza, che è di per se stesso animalesco, e quindi prescinde dal grado di civiltà della società. E’ l’egoismo che, in assenza di regole, prevale su ogni altro valore: questo il messaggio della vicenda. Dunque sarebbe superfluo cercare nel film la coerenza della trama, l’assoluta esattezza dei particolari, o ancora una collocazione temporale precisa. Quello che spicca della pellicola del regista brasiliano Meirelles è il modo visivamente raffinato con cui mette in scena la storia: la sua cecità, scusate il gioco di parole, è una gioia per gli occhi, basata sul contrasto tra scene chiarissime, quasi sovraesposte, e altre invece molto scure o completamente buie.

In realtà non è una cecità intesa come assenza totale di visione, ma più come una visione sfocata, quasi un accecamento da troppa luce. Un modo molto poetico e suggestivo di rappresentarla, che riproduce fedelmente la descrizione di Saramago: una cecità bianca, non buia, ma proprio per questo ancora più fastidiosa. Ma è anche una cecità del cuore e dell’anima, prima ancora che degli occhi, per questo il film rimane una storia cruda, dura e opprimente, pur resa incantevole dalla fotografia suggestiva e valorizzata dalle intense interpretazioni del cast.

Julianne Moore in particolare rende con grande energia la forza del suo personaggio, la sua incrollabile volontà di fare del bene anche davanti alla disumanità della situazione. Il messaggio del film, dunque, è che l’uomo sta morendo, soffocato dal proprio egoismo e sembra potersi salvare solo chi, come il personaggio della Moore, nonostante l’oscurità e il male che la circonda, preserva la propria umanità, traducendola in altruismo. Arrivando anche a compiere il gesto più estremo per il bene comune.

Un film suggestivo e coinvolgente, che ha a che fare con la natura umana, la lotta costante tra l’istinto e la coscienza, la nostra arroganza e la nostra vulnerabilità; un film che è a tratti sorprendente, uno sguardo sull’anima dell’uomo che tocca fin nel profondo e di sicuro non lascia indifferenti.

29 pensieri riguardo “Blindness – Cecità (2008)

  1. Lessi il libro con angosciata partecipazione. Un capolavorodi ben altro livello rispetto a tanti altri del genere catastrofista.
    Non pensavo che qualche regista avrebbe avuto il coraggio di trarre un film dal libro e quindi merita rispetto solo per averci provato. Se poi il film è cosi forte e riuscito come dici allora raddoppiamo i suoi meriti, ma non so se avrò il coraggio di guardarlo.

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  2. ora che ti leggo ne avevo sentito parlare ma non sono ancora riuscito a recuperarlo
    come saprai lei mi piace molto come attrice, lui un po’ meno

    tema molto interessante cmq
    la cosa della cecità che va via da sola mi dà vibes bibliche btw

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  3. il film non l’ho visto ma ho letto il libro e mi chiedo come abbiano potuto trasformare in film quel susseguirsi continuo di pathos, di ansia e di tragedia che mi ha letteralmente sconvolto; devo dire che è il libro che più mi ha scosso e aggiunto maggior consapevolezza riguardo la meschinità del genere umano

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    1. Nel confronto, il libro ha sicuramente più forza in questo senso, nonostante la potenza delle immagini. Però, come ho scritto, da appassionata di film catastrofici ne ho visto tanti, ma non avevo mai visto prima una rappresentazione così cruda e abietta del genere umano.

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