The Place (2017)

Di nuovo Paolo Genovese, che fa un ulteriore salto di qualità rispetto a Perfetti sconosciuti, passando dalla commedia al dramma e indagando questa volta nelle profondità più recondite dell’animo umano. Il film, assolutamente nuovo e originale nel panorama italiano, prende spunto da una serie televisiva americana The Booth at the End, in cui uno sconosciuto fa in modo di avverare i desideri di chiunque sia disposto a fare qualcosa in cambio. In sostanza il tema della serie, come del film, è “Fino a che punto sareste disposti ad arrivare per ottenere quello che volete?”.

In realtà la storia mi ha ricordato anche il film Cose preziose, tratto da Stephen King, in cui il Diavolo in persona approda in una piccola cittadina e comincia a mettere gli abitanti l’uno contro l’altro, sfruttando debolezze e desideri nascosti di ognuno, per far loro commettere ogni genere di malefatta, dai piccoli dispettucci fino all’omicidio.

The place però è molto più elegante nella confezione, affascinante negli sviluppi, e profondo nella morale. Ambientato interamente in una piccola tavola calda, che dà il titolo al film, si snoda per quasi due ore senza interruzioni, né cali di ritmo o di tono, tenendoci letteralmente incollati alla poltrona a seguire le varie storie dei protagonisti, che si susseguono, s’intrecciano, si incontrano o si scontrano, senza sapere nulla l’uno dell’altro, pur facendo tutti parte di un gioco pronto a cambiare le loro vite per sempre.

In questo piccolo locale, seduto in fondo, relativamente appartato, c’è il personaggio principale, il nucleo attorno a cui ruota tutto il film. E’ seduto lì dall’inizio alla fine del film, ogni giorno dal mattino fino alla sera; non lo si vede arrivare né andare via, non si sa chi sia, si può solo immaginare e le ipotesi su di lui sono una delle cose più affascinanti del film, perché durante il suo svolgimento si cambia idea più volte, e alla fine ci si rende conto che si potrebbe anche aver frainteso tutto.

Il film inizia subito con uno degli otto personaggi in cerca di un favore, che si avvicina all’uomo misterioso per chiedere ciò di cui ha bisogno; questi apre una specie di agenda che ha di fronte e legge la sentenza inappellabile che vi è scritta, spiegando all’interlocutore cosa dovrà fare per veder realizzato il suo desiderio.

Più volte, durante il film, avremo la sensazione che questo suo incarico sia per lui particolarmente pesante, a volte quasi una sofferenza fisica, soprattutto quando si troverà ad affrontare le lamentele degli avventori. L’uomo misterioso spiegherà che non dipende da lui, non è lui che decide qual è il prezzo da pagare. Lui è solo un esecutore, si limita a leggere quello che è scritto nel libro, e nessuno è obbligato a fare quello che c’è scritto. Rimane una loro libera scelta. Ma deve essere assolutamente chiaro che quello che lui legge nel libro è l’unico modo per ottenere quello che vogliono. Niente sconti, prendere o lasciare.

Otto personaggi, diversissimi per età, cultura ed estrazione sociale, si recheranno dall’uomo misterioso con il loro carico di miserie umane, rovesciando sul piccolo tavolo del bar problemi e desideri, naturalmente diversissimi. Differenti anche le risposte dell’uomo misterioso, ma accomunate da due caratteristiche: il compito richiesto è sempre possibile, fattibilissimo, difficile forse, ma in ogni caso attuabile, e nello stesso tempo è assolutamente orribile, a volte assurdo, più spesso atroce, contrario a tutti i principi della morale, di qualunque credo religioso, e persino della logica e della razionalità.

Giusto per darvene un assaggio, ad una suora che ha perso la vocazione e chiede di ritrovarla, l’uomo misterioso dice che dovrà restare incinta se vuole riavere la sua fede, mentre a un uomo che chiede la guarigione del figlio malato di cancro, viene richiesto di uccidere una bambina, non importa chi, né in che modo, semplicemente una vita per una vita. Non aggiungo altro, perché il film va visto nella sua completezza, nel suo dipanarsi graduale, assaporandone tutte le sfaccettature e gli intrecci della sceneggiatura. Anche perché le sorti dei vari personaggi finiranno per intersecarsi in modo imprevedibile.

E’ ovvio che la parte più interessante della storia sarà vedere le reazioni dei singoli personaggi di fronte alle agghiaccianti richieste. La prima domanda che quasi tutti si pongono riguarda la veridicità delle promesse dell’uomo misterioso: siamo sicuri che se faccio quello che mi chiedi, otterrò quello che voglio? La risposta è sempre univoca e non lascia spazio a dubbi o incertezze di sorta: se esegui il compito che ti viene assegnato, avrai ciò che hai chiesto. Risolto questo dubbio iniziale, la questione diventa morale.

Man mano che il film procede assistiamo anche ad una sorta di ribellione da parte dei questuanti nei confronti di questo misterioso personaggio, all’apparenza senza cuore né etica. Che accettino o meno la proposta indecente che viene loro fatta, sono tutti accomunati da un sentimento di disprezzo verso l’uomo misterioso, che solo in alcuni casi lascia spazio ad una parvenza di gratitudine.

Con l’avanzare della storia, arriviamo anche a conoscere meglio questo personaggio, che all’inizio poteva sembrare un’entità maligna, ma che alla fine si rivela anche lui una vittima di questo gioco assurdo in cui è imprigionato, un gioco di cui non ha scritto le regole, un gioco che in parte lo disgusta e di cui farebbe volentieri a meno. In suo aiuto verrà un altro personaggio, che sembra essere esattamente il suo opposto. E ci resterà il dubbio che siano due facce della stessa medaglia.

A differenza di Perfetti sconosciuti, questa volta il film di Genovese ha un finale chiuso, con uno spiraglio ambiguo sull’arcano: gli otto personaggi concluderanno tutti le loro storie. Alcuni sceglieranno di non arrivare fino in fondo, e ciò nonostante otterranno quello che avevano chiesto; del resto era una possibilità che l’uomo misterioso aveva prospettato a tutti, ma pochi avevano preferito la possibilità alla certezza. Alcuni scenderanno a patti con la propria coscienza, per poi accorgersi che quello che pensavano di desiderare non ne valeva la pena. Altri ancora prenderanno strade diverse, arrivando a capire che quello che credevano di desiderare in realtà non gli serviva. Altri, infine, comprenderanno che il loro desiderio era profondamente egoistico ed ingiusto, e ci rinunceranno.

La regia non offre particolari guizzi di originalità, e del resto l’ambiente e la storia stessa non li permettono. Genovese privilegia i primi piani, inchiodando i personaggi con inquadrature impietose, che ne mettono a nudo i sentimenti più profondi, e svelano le meschinità più nascoste. In questo senso è agevolato da un nutrito gruppo di attori particolarmente espressivi, che raccontano i propri personaggi attraverso sguardi e silenzi, prima ancora che attraverso le parole. Splendidamente dosate anche quelle, da una sceneggiatura fatta di dialoghi rivelatori, che colmano i vuoti di tempo e di spazio, mostrandoci tutto quello che succede fuori da quel misterioso locale, come se vi assistessimo in prima fila.

Valerio Mastandrea nei panni dell’uomo misterioso, Marco Giallini, Silvio Muccino, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, una meravigliosa e intensissima Giulia Lazzarini, che qui si avvale della sua lunga esperienza teatrale, e la sorpresa, in tutti i sensi, Sabrina Ferilli.

In fondo la morale del film è un’attenta riflessione non solo sulla coscienza individuale e sul significato che ognuno di noi dà al bene e al male, ma anche sulla consapevolezza che ogni cosa che otteniamo, in qualunque modo l’abbiamo ottenuta, ha comunque un prezzo, sempre per noi, spesso anche per altri.

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25 pensieri riguardo “The Place (2017)

  1. Non voglio essere cattivo ma credo che il (gran) merito di Genovese in questa pellicola sia stato quello di non rovinare una storia bellissima con un grande potenziale (che poi non è poco, c’è chi smerda sempre tutto :D).

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  2. Ho molto amato l’originale – che, va specificato, non è citato nei titoli di testa di questo film! – ma questo l’ho trovato addirittura migliore. Gli italiani copiano molto spesso prodotti esteri ma non è detto che riescano a rifarli bene, qui invece la sceneggiatura ispirata e un gruppo di attori eccezionali superano l’originale, aggiungendo e togliendo in maniera ispirata. Davvero un’ottima visione.

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      1. Eppure quando è uscito in TV facevano un mare di pubblicità, ma forse solo su canali e orari che becco io, sempre intento a registrare in cerca di chicche 😛
        Alla sua uscita al cinema l’ho sentito molto citare, proprio perché era il nuovo film dopo il precedente grande successo, ma mi sa che non ha ripetuto il successo di “Perfetti sconosciuti” e quindi è un po’ caduto nell’oblio. Il che è un peccato, perché è davvero raro trovare un remake-fotocopia che però sia fatto meglio dell’originale.

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    1. Questa è la riprova che i gusti sono davvero diversi, e che discuterne è inutile. Forse il film è un po’ lungo e certe parti avrebbero potuto essere tagliate, ma io l’ho trovato molto coinvolgente e non vedevo l’ora di scoprire come sarebbero andate a finire le varie storie. 🙂

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      1. Discutere invece è utile e produttivo, dagli scambi tra punti di vista diversi possono nascere idee nuove.
        Il film era senz’altro da vedere, ma c’erano tante piccole e grandi cose che non andavano, compresa
        l’interpretazione di alcuni personaggi con recitazioni un po’ troppe “recitate”, non saprei spiegarti meglio. Mah, comunque va bene così. Continuiamo a godere del cinema, e questa è la cosa più importante 🙂

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  3. Visto, amato.
    L’originale qual è? È stato doppiato in italiano?
    Ti dirò, pur ispirandomi la classica idea del diavolo che tenta le persone con uno scambio difficile, io mi son fatta l’idea che Mastrandrea non sia manovrato da altri, e però sia esattamente l’opposto. Cioè a dire, Dio.

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    1. Il film è originale, italiano a tutti gli effetti. Ha preso spunto da una serie, ma ha rimaneggiato la sceneggiatura. Io mi sono fatta l idea che Mastandrea sia un angelo messaggero, mandato, come dice lui, a dare delle opportunità. Forse il suo compito potrebbe essere una specie di punizione, o una prova per guadagnarsi “le ali” 🙂.
      Mi piace cmq il fatto che rimane per l’uomo il libero arbitrio.

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  4. Sono molto curiosa di vedere questo film 🎥 di Genovese, che conosco da quando ero piccola. Andava a scuola con mio fratello, erano in classe insieme.
    La cosa curiosa è che per anni ho avuto l’incubo di dover sostenere l’esame di Maturità. Dicevo ai miei compagni che non era possibile, eravamo quasi tutti laureati, com’era possibile che dovessimo ripetere l’esame. Lui ne ha fatto un film 🎥 anzi due.

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    1. So che a tanti capita di sognare come un incubo la maturità, chissà perché…
      A me Genovese piace molto come regista, anche se ha fatto film di tipo diverso, alcuni riusciti meglio, altri meno. Come tutti, poi.

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