I nostri ragazzi (2014)

Chi segue il mio blog si sarà certamente accorto che non sono un’appassionata del cinema italiano in generale, non perché, quando vuole, non sappia essere più che valido, ma perché difficilmente nei film nostrani trovo le emozioni che piacciono a me. La maggior parte sono commedie, spesso molto divertenti, a volte intelligenti, raramente originali. Alcuni sono drammi, soprattutto su tematiche sociali, e qui le emozioni si sprecano, ma sono anche molto deprimenti e di solito restano in superficie, quasi mai arrivano all’anima.

Qualche volta, però, capitano dei piccoli gioielli che splendono di luce propria, nel desolante panorama generale, spesso grazie a una miracolosa alchimia di attori, sceneggiatori e registi, tutti in stato di grazia. Uno di questi film, relativamente recente, è I nostri ragazzi che vanta un cast di tutto rispetto e affronta un tema delicato e particolarmente spinoso. È uno di quei film che ti fanno riflettere e mettere in discussione le tue certezze.

Liberamente tratto dal romanzo La cena di Herman Kock, è una storia di rapporti familiari complicati e tesi, celati da un paravento di apparente normalità, destinato a crollare miseramente per un evento imprevedibile. Protagonisti sono due fratelli appartenenti alla media borghesia romana, Massimo e Paolo. Il primo, che gode di un tenore di vita decisamente più alto e fa di tutto per sfoggiarlo, è un avvocato, mentre il secondo è un medico, e sembra sentirsi in qualche modo in soggezione di fronte al fratello maggiore.

Anche le rispettive mogli non sembrano andare molto d’accordo, pur mantenendo una parvenza di buoni rapporti per amor di pace, covando invidie e celando le rispettive insicurezze. Le due coppie hanno l’abitudine di ritrovarsi, una volta al mese, in un ristorante di gran lusso, dove Massimo è ben lieto di offrire la cena a tutti, e mentre si mangia, si chiacchiera amabilmente del nulla che hanno in comune.

La loro esistenza piatta e falsa, fatta solo di rapporti formali e superficiali, andrebbe avanti senza intoppi, se un sera, i rispettivi figli, molto legati tra loro, non facessero qualcosa di talmente atroce e scioccante da non poter essere ignorato. Neppure da quei genitori distratti, così impegnati a trascinare le loro vuote apparenze, da non accorgersi della realtà più terribile che cova sotto la cenere.

Da questo momento in poi i vari protagonisti reagiranno in maniera differente, agendo ognuno secondo la propria morale ed il proprio eventuale interesse, anche all’interno delle due coppie, col conseguente esplodere di tensioni che mettono a nudo le loro debolezze come persone e come genitori, fino a un finale spiazzante e quanto mai crudo.

Il fulcro di tutto il film parte da una domanda a cui i quattro protagonisti adulti daranno risposte diverse, una domanda che naturalmente viene girata anche allo spettatore. Fino a che punto si è disposti a proteggere i propri figli, anche quando commettono un gesto disumano e agghiacciante? Sceglieremmo di proteggere il futuro dei nostri figli o di essere onesti a qualunque costo? Scaveremmo abbastanza in profondità da raggiungere la verità o preferiremmo fingere di non sapere? Ma soprattutto, quanto possiamo dire di conoscere davvero i nostri figli? Se pensate di saper rispondere, guardate il film e magari cambierete idea.

Gli attori fanno tutti la loro parte, a cominciare da Alessandro Gassman, che qui si avvicina decisamente alla grandezza che fu di suo padre, raggiungendo livelli di intensità veramente alti, mostrando una classe imponente. Un po’ meno a suo agio il pur bravo Lo Cascio, alle prese con un personaggio che non gli si addice, ma comunque volenteroso nel rappresentare con un’intensità più sottile le inquietudini di un uomo che improvvisamente vede sparire tutte le sue certezze, e deve reagire.

Splendide le due figure femminili, Giovanna Mezzogiorno, la madre più forte, volitiva, aggressiva nel difendere a spada tratta il figlio, sfodera sguardi di fuoco e di ghiaccio; un po’ più in ombra Barbora Bobuľová, moglie debole e remissiva, ben felice di delegare al marito le decisioni importanti e non solo quelle. Anche i due interpreti più giovani sono bravi, ma purtroppo stanno poco sotto i riflettori, perché sceneggiatura e regia puntano decisamente sugli adulti.

L’unico momento particolarmente intenso e doloroso è il dialogo tra Massimo e la figlia, in cui l’urgenza di buonsenso e giustizia del padre si scontra con il cinismo disumano di una figlia che stenta a riconoscere. È un momento del film che fa letteralmente rabbrividire, forse ancor più dell’antefatto. Uno dei pregi del film è la capacità di raccontare, attraverso i suoi protagonisti, tutto e il contrario di tutto, la crisi di coscienza e l’istinto di protezione, la ricerca affannosa della verità e il rifiuto di accettarla, lasciando immaginare allo spettatore varie possibilità, senza prendere di fatto una posizione.

Ogni personaggio dovrà fare i conti con il proprio concetto di giusto e sbagliato, rivedendo e correggendo più volte le proprie posizioni durante lo svolgimento della vicenda. E in questo senso mi è sembrata giusta la scelta di De Matteo di varcare i confini del ristorante, e portare l’analisi delle due famiglie all’interno delle rispettive realtà, dove i sentimenti dei personaggi hanno tutto il tempo per rivelarsi attraverso i dialoghi e i silenzi. Ma tutto lo sforzo della tensione accuratamente costruita e dei personaggi così ben delineati viene annullato negli ultimi venti minuti, perché la conclusione è affrettata. Come se il regista preferisse sollevare domande da lasciare senza risposta.

Nel complesso è un film ben fatto, ben recitato e diretto in modo particolarmente curato, con una sceneggiatura attenta alle psicologie dei personaggi, che riserva più di un colpo di scena e che alla fine non cede alla tentazione di dare una risposta alle tante domande che ha posto, ma lascia allo spettatore il difficile compito di riflettere e rispondere. Da vedere, magari insieme ai nostri ragazzi.

Tutte le foto sono di Emanuela Scarpa

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28 pensieri riguardo “I nostri ragazzi (2014)

    1. E’ una storia molto dura, perché non sono in discussione i valori trasmessi dai genitori, ma il fatto che questi valori sono rifiutati e considerati del tutto privi di significato dai figli, che non arrivano nemmeno a comprendere l’orrore di quello che hanno fatto.

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  1. Anch’io non amo granché la cinematografia italiana, tranne alcuni casi, e questo penso potrebbe proprio fare al caso mio! Il tema è molto complesso, il rapporto genitori-figli ha così tante sfaccettature che un film non può che indagarne una o poco più, eppure è vero che tante risposte alle domande sembrano più scontate di quanto non siano in realtà. Lo guarderò 🙂

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  2. Ciao Raffa, rieccomi a commentare le tue recensioni, dopo un po’ che mancavo… Bellissima recensione; il film è interessante, e penso che magari un giorno lo vedrò. Bello il cast, e bella la tematica. Chissà, forse è voluto dal rgistra porre solo interrogativi, e lasciare che gli spettatori sbroglino il bandolo della matassa… Buon pomeriggio! 🙂

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