Chi conosce e apprezza Stephen King, sa che le sue storie non sempre vengono adattate bene per lo schermo, per il semplice motivo che i suoi romanzi sono ricchi di dettagli e spesso infoltiti di sotto trame finemente intrecciate, che è difficile condensare il un film di due ore. Per questo molte volte si finisce per sacrificarne l’essenza, e si traduce il romanzo in un film, privilegiando solo parte della vicenda e trascurando i dettagli. A volte l’adattamento dà comunque un ottimo risultato, come nel caso de Il miglio verde, altre volte invece ne risulta un film meno soddisfacente, come nel caso di Cose preziose.

L’ideale per rendere giustizia al genio letterario di King è la miniserie, che concede un tempo dilatato di almeno tre o quattro ore, per lo sviluppo di tutti i personaggi e di ogni sfumatura della storia. La tempesta del secolo è una delle più belle serie televisive sceneggiate da Stephen King, e fortunatamente è stata pubblicata anche in dvd, in modo da poterla vedere tutta insieme come un film eccezionalmente lungo. Più di quattro ore di suspense, orrore, dramma, amore e morte: una storia misteriosa, come lo sono tutte le storie di King, in cui bene e male si affrontano in una lotta che, come sempre, trascende i confini di tempo e di luogo.

Siamo nel Maine, nel piccolo villaggio di pescatori di Little Tall Island, dove la vita scorre tranquilla anche grazie all’isolamento dalla terraferma. Quando una terribile tempesta di neve colpisce l’isola, impedendo di fatto qualunque contatto con il mondo circostante, la paura e la paranoia degli abitanti vengono aumentate dall’arrivo sull’isola di un misterioso straniero, André Linoge. Questi, oltre ad aver orribilmente assassinato un’anziana e innocua abitante del villaggio, sembra essere al corrente dei segreti più gelosamente custoditi dagli abitanti e pare anche non temere in alcun modo di essere arrestato.

Lo sceriffo del luogo lo chiude nella prigione locale, ma l’uomo non sembra preoccupato, non cerca di difendersi dalle accuse né di spiegare in alcun modo il suo gesto. L’unica cosa che ripete ossessivamente è una frase inquietante: Datemi quello che voglio e io me ne andrò. Linoge appare subito in grado di influenzare la vita della piccola comunità, nonostante il confinamento nella cella di detenzione: in qualche modo diabolico, la sua stessa presenza getta un’ombra oscura sull’intero villaggio, sotto forma di suicidi inspiegabili e incubi terribili che si diffondono tra gli abitanti.

Uno dopo l’altro, i piccoli sporchi segreti che si trovano in ogni comunità vengono alla luce, e di conseguenza si propagano come un cancro tra gli abitanti sentimenti di sfiducia, gelosia e odio reciproci. Solo nella seconda metà della storia apparirà chiaro cosa realmente vuole lo straniero, e l’unico a cercare di opporsi al suo diabolico piano sarà proprio lo sceriffo. Non rivelo il finale, ovviamente, ma posso dire che l’originalità della conclusione va di pari passo con la sua amarezza.

Pur essendo una miniserie televisiva, il ritmo è molto sostenuto, la trama sorprende continuamente con piccoli e grandi colpi di scena e l’evoluzione dei personaggi è costante, mentre le storie personali si intrecciano sullo sfondo della vicenda principale: le quattro ore abbondanti passano in un soffio e alla fine si vorrebbe che il racconto continuasse. Sicuramente questi pregi così singolari per un lavoro televisivo dipendono dal fatto che King ha scritto la sceneggiatura originale proprio per il piccolo schermo, e solo successivamente l’ha pubblicata sotto forma di romanzo, esattamente il contrario di quanto avviene di solito.

L’intreccio è molto accattivante ed è narrato così bene che già dalle prime sequenze ci si affeziona ai personaggi e dopo la prima mezz’ora ci sembra di conoscerli da sempre. Forse perché l’ambiente ci è familiare e si adatta perfettamente alla storia: King ha la capacità di trasformare i sonnolenti borghi di provincia in una specie di Peyton Place di piccoli e grandi peccatori, che nascondono segreti efferati e attività illecite sotto una coltre di normalità quotidiane. Come in altri lavori di King, anche qui la storia parla delle scelte morali che ognuno di noi deve affrontare, e di come una piccola comunità sia in grado di ignorare le colpe degli altri per poter vivere insieme.
Il film condivide molte similitudini con Cose preziose, altra storia in cui uno sconosciuto entra in una comunità e crea problemi, sfruttando i difetti e i segreti di ognuno. Ma a differenza di Cose preziose, qui il finale è tutt’altro che consolatorio. Il regista Craig R. Baxley, che tre anni dopo dirigerà Rose red, altra miniserie scritta da King, mantiene piacevolmente una gelida tensione, mentre procede l’attesa di scoprire quali siano le reali intenzioni dello sconosciuto: la vera identità del misterioso Linoge rimane volutamente oscura per molto tempo, anche se diventa presto evidente che non è umano.

Ma le ragioni del suo arrivo sull’isola e le motivazioni che ha per terrorizzare gli abitanti del villaggio rimangono avvolte nel mistero per molto tempo, durante il quale la suspense è tenuta alta da quella frase ossessivamente ripetuta senza spiegazioni: datemi quello che voglio e io me ne andrò. Interessanti anche i giochi psicologici che Linoge fa con gli abitanti del villaggio e che costituiscono il secondo importante elemento su cui si basa la storia. In qualche modo il misterioso straniero sa tutto degli abitanti e usa queste informazioni per aumentare le tensioni tra loro e farle esplodere.

La morale della storia è che anche in una piccola comunità dall’aspetto idilliaco, molte persone hanno qualcosa da nascondere, tema che ricorre spesso nelle storie di King. L’arrivo di Linoge può quindi essere interpretato in due modi diversi: come un malvagio scherzo del destino o come una punizione per i peccati commessi. Il cast è soddisfacente anche se composto per lo più da caratteristi della televisione, che comunque dimostrano di conoscere il mestiere: tra loro spiccano Debrah Farentino, Julianne Nicholson, Jeffrey DeMunn, Kathleen Chalfant, Adam LeFevre e naturalmente i due protagonisti, Tim Daly nel ruolo dello sceriffo e Colm Feore nei panni inquietanti di Linoge.

Dal punto di vista tecnico gli effetti speciali e le scenografie forse deludono un po’, ma sono più che compensati dall’atmosfera sinistra che il regista riesce a creare, e dall’abilità di King nel trasformare il banale, come un’innocua canzoncina per bambini, in spaventoso. E a proposito di spaventoso, pur essendo tecnicamente un horror, La tempesta del secolo non è terrificante come altri film tratti da King, ma può essere visto tranquillamente anche da chi, come me, è un po’ fifona. Suggerisco però la visione continuata: perciò prendetevi un pomeriggio libero e molto popcorn.
Buongiorno Raffa, anche io sono un po’ fifona e suggestionabile. Ma andai al cinema con i miei amici a vedere un paio di film 🎞 🎥 di Stephen King.
Ti auguro una buona giornata 🙂
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Anche a te Valy 🌈
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Mmm… Ricordo l’inizio ma non come si conclude. Probabilmente me lo sono perso, ma lo recupererò prima o poi…
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Buon giorno 2 Perché farsi del male ?
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mah so che finisce malissimo
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Infatti, ha un finale molto amaro.
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dura molto e finisce pure male
NEEEXT
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Ho sempre voluto vederla, ma dopo altre miniserie viste in VHS, quando ancora esistevano le videoteche, ho rinunciato. Ma quasi quasi adesso la recupero.
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E’ un prodotto televisivo, e non recentissimo, perciò gli effetti speciali sono un po’ naïf, ma nel complesso mi è piaciuto l’intreccio, l’atmosfera e lo studio psicologico dei personaggi.
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Questo mi manca!
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