Wilder non era un amante dei remake, ma si convinse a trasporre per la terza volta il soggetto di un’opera teatrale del 1928, che aveva già prodotto due successi cinematografici, nel 1931 e nel 1940. L’argomento infatti gli stava a cuore, visto che lui stesso era stato giornalista prima di lavorare nel cinema, e la professione esercitava ancora una grande attrattiva su di lui. Mentre nel precedente L’asso nella manica Wilder aveva puntato l’attenzione sulla cronaca nera, criticandone ferocemente il cinismo e la mancanza di moralità, con Prima pagina ammorbidisce un po’ i toni, facendo una parodia del lato più sardonico del giornalismo, pur senza attenuare le critiche all’insensibilità della stampa nei confronti della sofferenza umana e della morte.

Hildy Johnson, un reporter di spicco del Chicago Examiner, ha deciso di lasciare la città e la professione, per sposare la fidanzata e trasferirsi a Filadelfia, dove lei vive, per fare il pubblicista. Walter Burns, spietato ed egocentrico caporedattore del giornale per cui lavora, non ha nessuna intenzione di perdere il suo cronista migliore, e fa di tutto per convincerlo a restare. Visto che minacce e promesse non funzionano, decide di stuzzicarne la vanità professionale.

Un famigerato criminale sta per essere giustiziato e ogni giornale in città manda ovviamente il suo uomo migliore per assistere all’esecuzione e farne un buon articolo; così Burns finge di voler inviare un novellino incapace, per spingere Johnson a restare, almeno per un ultimo articolo. Il trucco funziona e il giornalista accetta di scrivere un ultimo pezzo prima di prendere il treno per Filadelfia con la fidanzata. Ma quando si presenterà l’occasione di uno scoop eccezionale, Johnson non saprà resistere, anche se questo vorrà dire rimandare la partenza, con grande gioia del suo capo.

Wilder, che conosceva bene la professione di cronista, decise di ambientare la storia nel ’29 e di non portarla negli anni ’70, perché sapeva bene che dopo la nascita della televisione i quotidiani avevano perso la loro funzione di principale fonte d’informazione, mentre negli anni ’30 la stampa era ancora l’unico mezzo di diffusione delle notizie e aveva quindi un’importanza fondamentale. Partendo dal soggetto originale, Wilder lavora anche alla sceneggiatura, denunciando la stupidità e l’avidità dei potenti e dei loro alleati mediatici, che arrivano a distorcere la verità o addirittura a inventare notizie false (!) per sostenerli.

Tra le altre cose mette in ridicolo le intenzioni di uno psicologo che cerca di dimostrare le sue assurde teorie, senza nemmeno aver incontrato prima l’imputato, nonché la stupidità della polizia a caccia di comunisti in giro per la città. A differenza delle precedenti versioni cinematografiche che non hanno mai nominato il luogo, Wilder sottolinea che l’azione si svolge nella città di Chicago e utilizza i nomi dei giornali originali, perché l’opera da cui è tratto il soggetto si basava su eventi e personaggi reali.

Sia l’opera teatrale originale che il film di Wilder cercano di smascherare i discorsi del potere, il ridicolo del commissario, che è uno scagnozzo del sindaco, patetico e disperato nella sua inettitudine alla carica. Anche la stampa non ne esce bene: oscilla tra manipolazione delle notizie e invenzioni svergognate, difetti su cui i mezzi d’informazione scivolano sempre, vuoi per condizionare l’opinione pubblica, vuoi per vendere più copie. Nonostante le aspre critiche, però, c’è anche un omaggio al lavoro di denuncia della stampa e alla professione del cronista, confermando che nel giornalismo, come in ogni cosa, ci sono molte sfaccettature, e non tutto è bianco o nero.

Il punto di forza del film, oltre alla sceneggiatura, è la coppia Lemmon – Matthau che ne esalta i dialoghi taglienti e intrisi di cinismo, sparandoli contro lo spettatore alla velocità della luce. Matthau in particolare ruba la scena nei panni dell’esperto caporedattore, astuto e manipolatore, che farà di tutto per trattenere il suo reporter più importante. Lemmon è un po’ più sottotono, ma si cala perfettamente nel personaggio. Oltre alla sceneggiatura, anche l’ambientazione scatena il talento di Matthau e Lemmon in uno scambio di arguzia retorica convulsa, tipica delle commedie del regista, con dialoghi aspri e ben confezionati che riproducono perfettamente l’atmosfera frenetica del mondo della carta stampata.

C’è anche qualche difetto: verso la fine, gli eventi si accumulano un po’ troppo velocemente e alcuni personaggi sono un po’ caricaturali, come la prostituta interpretata da Carol Burnett. Susan Sarandon, nel ruolo della fidanzata di Johnson, compare troppo poco per poterne parlare. Ma nel complesso la sinergia tra Lemmon, Matthau e Wilder è inconfondibile, la sceneggiatura è solida e ben calibrata, e il ritmo fragoroso unito a un umorismo esilarante rendono il film piacevolissimo ancora oggi. Da vedere e rivedere.
Grazie Raffa per questa bella recensione. È uno dei miei film preferiti in live action, c’è tutto: satira, denuncia sociale, critica al sistema politico-repressivo americano, brutalità della polizia, diritti civili, corruzione, cinismo della stampa, critica alle vecchie metodologie psichiatriche. Il tutto sotto forma di commedia, impareggiabile. L’ho apprezzato davvero molto. La fotografia è davvero impressionante e fa realmente calare nell’atmosfera del 1929. Anche gli interpreti secondari sono stati molto bravi a far calare nell’ambientazione chi guarda. Inoltre in questo film c’è una delle mie citazioni preferite di sempre che racchiude l’essenza del giornalismo: “I giornalisti… ah! Un branco di analfabeti con la forfora sul collo e le pezze al sedere, che spiano dai buchi delle serrature e svegliano la gente nel cuore della notte per domandargli se hanno visto passare un bruto in mutande, che rubano alle vecchie madri le fotografie delle figlie violentate in Oak Park e tutto perché? Perché un milione di commesse e di mogli di camionisti ci piangono sopra. E poi… il giorno dopo la prima pagina serve per incartare un chilo di trippa”. Anche se nella citazione in lingua originale è: “Waking people up in the middle of the night to ask them what they think of Mussolini”, ma l’adattamento italiano, come troppo spesso accade, stravolge tutto.
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Comunque rimane il senso del disprezzo verso la professione del giornalista. E’ una citazione molto forte, ma più che veritiera, soprattutto oggi.
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Incredibilmente Burnett si è scusata per la sua performance in questo film.
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Sì, l’ho letto anch’io.
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C’è anche una sua apparizione al Conan O’ Brien show dove racconta un aneddoto divertente riguardo alle sue scuse in diretta durante la proiezione del film su un aereo.
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Oh, che meraviglia. Mi sa che lo rivedro’
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E’ sempre piacevole.
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L’ho adorato ogni volta che l’ho rivisto, ma non faccio testo: io adoro anche quello prima con Cary Grant e quello dopo con Burt Reynolds, diciamo che è proprio il soggetto a piacermi, quindi più remake ne fanno più sono contento ^_^
Una menzione d’onore per i doppiatori: non c’è un solo secondo di silenzio in tutto il film, i protagonisti parlano a mitraglia uno sopra l’altro, in tutte le versioni, perciò dev’essere stato un inferno doppiarlo 😛
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Ho notato il ritmo frenetico, però non si confondono mai, si riesce a capire tutto. Quello con Reynolds mi manca, forse perché non ho mai avuto molta simpatia per l’attore…
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Il lavoro di doppiaggio va lodato proprio perché sarebbe stato facile far finire tutto in caciara, invece è tutto perfetto, davvero ottimo.
“Cambio marito” (Switchiing Channels, 1988) te lo consiglio di cuore: finalmente la giornalista torna donna, così abbiamo Kathleen Turner che vuole sposare il tordellone Christopher Reeve e quindi lasciare il burbero capo Burt Reynolds, che invece farà di tutto per incastrarla, con un caso scottante da “prima pagina” ^_^
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Lo cercherò, se non altro per Turner e Reeve
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Burt non ha mai sfondato nei nostri animi…ma un tranquillo week-end di paura…
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Infatti mi è sempre piaciuto di più in ruoli drammatici, invece lui cercava di fare il piacione…
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una promessa mancata
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Lo vidi anni fa e ne rimasi folgorato. Uno dei migliori film di Wilder che, sebbene fosse quasi giunto a fine carriera, era ancora più in forma che mai. Penso che per un appassionato di cinema sguazzare nella filmografia di Wilder sia una vera e propria gioia. Per me lo è di sicuro, ha girato alcuni dei film più belli della storia. E nelle commedie aveva un tocco unico.
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Era un grande dovunque mettesse mano, con un indiscutibile talento particolare per la commedia.
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Un film straordinario!!!!!!!! Ritengo attuale
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Molto attuale!
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Vero
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Lo rivedrò volentieri perché non ricordavo proprio la presenza di Susan Sarandon, attrice che mi piace tantissimo.
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Qui è molto giovane ☺️
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Ma infatti, io la ricordo da Rocky Horror in avanti.
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Buona serata 2 Da salutarti e risalutarti
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Il cast è molto promettente.
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fun fact, sto studiando il regista a scuola^^
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