Emozionante legal movie tratto dall’ennesimo capolavoro di Grisham e uno dei film più belli che abbia mai visto sul tema della giustizia e del razzismo. La storia è chiaramente improntata ad un rigido manicheismo, per cui da una parte ci sono i buoni, che rasentano la santità, fino all’estremo sacrificio in nome dei propri princìpi, dall’altra ci sono i cattivi, minacciosi, violenti, e disgustosamente vigliacchi.

Mancano, dunque, le sfumature in questo film di Joel Schumacher, come del resto mancavano nel romanzo omonimo. E questo potrebbe far peccare la vicenda di scarso realismo. Ma considerando che la storia è ambientata negli anni ’80, nel profondo sud degli Stati Uniti, in quell’America razzista in cui ancora aleggiava l’ombra del Ku Klux Klan, i cui rigurgiti sembrano non essere ancora del tutto scomparsi dopo più di quarant’anni, direi che il quadro presentato dal regista è quanto mai vicino alla realtà.

In una piccola cittadina del Mississippi due balordi bianchi rapiscono e stuprano una bambina di colore, dopo averla legata e presa a sassate. La bimba sopravvive, ma rimane irrimediabilmente compromessa nel fisico, oltre che umiliata e ferita psicologicamente. Quando il padre si rende conto che non potrà avere giustizia, e che i due balordi la faranno franca in quanto bianchi, imbraccia il fucile e li ammazza senza pensarci due volte.

Ne segue un processo che dividerà l’intero paese, e metterà a dura prova anche l’avvocato (bianco) che difende l’accusato. Sarà uno scontro senza esclusione di colpi, che coinvolgerà chiunque prenda le difese dell’imputato a qualunque titolo, travolgendo la famiglia, gli amici e i collaboratori dell’avvocato al punto da fargli mettere in discussione tutte le sue certezze.

Il film coinvolge profondamente, ponendo alla coscienza dello spettatore una serie di quesiti etici di non facile soluzione, ma la domanda fondamentale è se sia ammissibile farsi giustizia da sé. La risposta più ovvia sarebbe negativa, ma il film ci porta inevitabilmente ad un’altra conclusione. Pericolosa, certo, ma dannatamente umana. Perché alla fine del processo, il cui risultato appare incerto fino all’ultimo, e dopo un’arringa difensiva da far tremare i polsi, si avrà la sensazione liberatoria che giustizia sia stata fatta.

Il nucleo centrale del processo, che procede con alti e bassi fino alla fine, come succede sempre ad Hollywood, è l’arringa finale del difensore, in cui l’avvocato si assume il non facile compito di far ragionare con mentalità “da neri”, una giuria composta solo da bianchi. Ci riesce in una scena emozionante, in cui la narrazione cruda ed esplicita dei fatti diventa quasi una fotografia, davanti agli occhi chiusi della giuria, che riuscirà a mettersi nei panni dell’imputato. E la chiave di tutto saranno proprio quegli occhi che l’avvocato chiede alla giuria di chiudere, per poter immaginare di essere al suo posto.

Occhi chiusi, dunque, per vedere quello che il razzismo e il pregiudizio non ci permettono di vedere a occhi aperti. Forse sarebbe un esperimento interessante che dovremmo fare tutti, per capire meglio certe realtà.
Il momento di uccidere non è sicuramente un film dai toni sfumati o basato su ragionamenti inappuntabili. Al contrario, il regista sposa una tesi molto controversa, e lo fa con una passione molto simile alla rabbia del protagonista. Come il personaggio interpretato da Samuel Jackson contrappone alla “legalità” ingiusta, la sua illegale giustizia privata, così Schumacher porta avanti la causa dei buoni, in nome di una giustizia superiore, che vuol riparare ad un torto con un altro torto.

Ma sarebbe sbagliato vedere in questo film un’esaltazione della giustizia privata. C’è invece una celebrazione della giustizia in senso lato, come suprema riparazione di un torto ingiusto, laddove la legalità non fa il suo dovere. Qua e là si pecca forse di eccessiva enfasi e facile retorica, ma la guerra di Grisham contro il razzismo e l’ingiustizia giustifica i mezzi.

Uno dei migliori legal thriller degli ultimi anni, sostenuto dall’ottima recitazione dei protagonisti, tutti meravigliosamente in parte: dalla Bullock, che interpreta una giovane avvocatessa alle prime armi, deliziosamente ingenua e idealista, a un sempre signorile Donald Sutherland, nella parte di un avvocato esperto ma con problemi di alcool; dal giovane Kiefer Sutherland, qui nell’ennesimo ruolo da cattivo che più cattivo non si può, fino a Samuel Jackson, padre disperato e umiliato per cui è impossibile non parteggiare.




Il procuratore che sostiene l’accusa è un arrogante e presuntuoso Kevin Spacey, mai così antipatico, ma su tutti spicca un McConaughey in stato di grazia, sempre più simile, nel fisico come nella recitazione, al Paul Newman degli anni d’oro: si dice che la scena della sua arringa finale sia stata girata tutta d’un fiato, per non interromperne il ritmo, e che, alla fine, tutta la troupe sia scoppiata in un fragoroso applauso. Meritatissimo.

Il film incentra la maggior parte dell’azione nelle aule del tribunale, ma non risulta mai noioso, sia per la molteplicità dei personaggi e delle situazioni, sia per l’alternarsi delle vicende strettamente legali con quelle personali dei vari protagonisti, sullo sfondo di una piccola realtà di paese perfettamente ricostruita. In questo senso la pellicola di Schumacher ricorda da vicino le atmosfere de Il buio oltre la siepe, di cui ricalca il forte impatto emotivo. Un film comunque bellissimo, al di là del suo messaggio.
Sai quale è l’unica cosa che mi impedisce di rivederlo? Il tema dello stupro. Ammetto che quest’ultimo elemento è qualcosa che mi ha sempre fatto sentire molto male e quando ne parlano in qualsiasi opera, anche in maniera leggera, mi sento molto male. Vidi il film tempo fa e mi piacque molto soprattutto per come parlano di razzismo e come mostra questo lato oscuro dell’America.
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Buon giorno 2 Negli Stati uniti solo nei film ottieni giustizia se sei nero.
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Da noi, neanche se sei bianco
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a suo tempo non lo vidi, un cast di attori fantastico, me lo scarico e me lo vedo
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Buona visione!
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Non l’ho visto sai
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Non è una cosina allegra, però è un bel film
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Immagino dal tema trattato
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Non sarà un film memorabile, ma funziona a dovere. Gli interpreti sono tutti credibili, l’intreccio interessante e non banale, la regia fa il suo dovere senza sbavature. Lo riguardo sempre con piacere quando lo passano in TV. Altro film sul genere che ho sempre apprezzato, anche se di qualità decisamente minore,è “La cosa giusta” con Connery e Fishburne.
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Sì, molto bello anche quello. Forse in italiano era La giusta causa, ma ci siamo capiti.
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Interessante, grazie Raffa, non lo conoscevo; penso che lo cercherò. 😉 Buon pomeriggio! 🙂
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Forse hai letto il romanzo, tu che sei un gran lettore…
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Forse ti stupirò con effetti speciali, ma no, non l’ho letto… 😉
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Dimenticavo: buona serata! 🙂
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Buona serata ☺️
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Non lo so, l’ho sempre visto come un film molto giustizialista che si nascondeva dietro la patina della lotta al razzismo. Questa mia lettura non me lo ha mai fatto apprezzare.
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non credo lo guarderei mai
pesante
invece ho visto Mississippi burning
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Molto bello anche quello. Non è che sia più leggero…
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Ma almeno non è in tribunale 😬
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Dimentico sempre che non a tutti piacciono i legal movie.. io li adoro!
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Lo so 😝
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Bellissimo film con splendidi attori che apprezzo molto!
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Anche questo genere di legal movie non si fa più. E’ un peccato.
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Infatti, Buona serata Raffa!
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Grazie, buona serata anche a te!
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