Notting Hill (1999)

Cinque anni dopo i quattro matrimoni che gli hanno dato fama internazionale, Hugh Grant fu nuovamente chiamato ad essere protagonista di una commedia sentimentale di gran successo, riproponendo la caratteristica più amata del suo personaggio: quell’anima semplice e tenera, da bravo ragazzo della porta accanto, che tutte noi vorremmo incontrare almeno una volta nella vita.

Le analogie tra i due film non finiscono qui. Oltre alla presenza di Hugh Grant come protagonista della storia romantica principale, c’è lo scontro tra due mentalità molto diverse, quella squisitamente british da una parte, e quella più sfacciatamente yankee dall’altra. In realtà, anche se è spesso paragonato al film precedente, Notting Hill ha più affinità con un altro clamoroso successo del genere commedia brillante, Pretty Woman. In definitiva, a ben pensare, è la storia di un cenerentolo, sottratto alla semplicità della sua misera quotidianità, e rapito da innamoramento improvviso e travolgente per quella che può essere definita una moderna principessa. E mi sembra apprezzabile che per una volta sia la donna la parte “importante” della coppia. Dunque, un po’ per un motivo, un po’ per un altro, Notting Hill aveva le carte in regola per diventare un successo.

La storia è semplice, come spesso accade nelle favole: lei è un’attrice americana, famosissima, a Londra per impegni di lavoro. Si infila per caso in una piccola, deliziosa ma anonima, libreria del quartiere di Notting Hill. Qui, invece di incontrare un vecchio libraio che odora di muffa come i libri che vende, si imbatte in uno splendido e attraente giovane, affabile e colto, riservato e gentile, che ovviamente rimane stordito da quell’incontro, che, più tardi, lui stesso definirà surreale. Al punto che non le chiede nemmeno un autografo.

Ci pensa lei a lasciargli un souvenir: finita a casa di lui fortuitamente, prima di andarsene, lo bacia, forse perché non aveva una penna per gli autografi. E questo è solo l’inizio. I due si rivedranno, a più riprese, sempre a Londra, in situazioni diverse, più o meno romantiche, più o meno casuali, ma tutte immancabilmente indirizzate verso un totale e devastante innamoramento reciproco.

Ci saranno errori, da entrambe le parti, come sempre succede nei rapporti, per eccessiva timidezza, per troppo orgoglio e scarsa autostima e, soprattutto, per quel sentimento di umana paura che tutti proviamo davanti a una nuova relazione. Ma niente paura, il lieto fine è d’obbligo, anche se in questo caso ci si arriva in modo abbastanza originale.

Laddove avevamo trepidato per Richard Gere che si arrampicava sulla finestra dell’amata nonostante le vertigini, qui assistiamo ad una bellissima ed eloquente intervista che, tra significati nascosti, rivela in profondità l’animo dei protagonisti, e informa i lettori di Cavalli e Segugi che Anna Scott non ha intenzione di lasciare più l’Inghilterra, almeno non a breve.

La sceneggiatura è dello stesso autore di Quattro matrimoni e un funerale, che dichiarò di essersi semplicemente chiesto cosa sarebbe successo se si fosse presentato a cena, a casa di amici, con una persona famosa. Da questa piccola idea è nata la trama del film, arricchita da battute ricche di humour e trovate brillanti, che le hanno dato credibilità e spessore, dimostrando come le persone possono essere al tempo stesso comuni e speciali, anonime e divertenti, vulnerabili e forti.

Alla fine la storia che racconta il film, forse assurda e poco credibile, è soltanto una metafora per dire che tutti noi, quando ci innamoriamo, percepiamo l’altro come irraggiungibile, almeno finché non ci rendiamo conto che per qualche oscuro motivo, tutti gli astri si sono improvvisamente allineati a nostro favore.

Ovvero: il principe è irraggiungibile per Cenerentola, ma lei lo è altrettanto per il principe, quando lui si innamora. Perché ognuno di noi, principe o meno, ad un certo punto della propria vita, sente il bisogno di avere accanto la persona che desidera. E quel qualcuno può sembrarci impossibile da raggiungere.

Il film alterna efficacemente comicità e romanticismo, lo stucchevole, l’improbabile e l’assurdo, ma lo fa con gran classe e una notevole grazia, spargendo a piene mani speranza sulla nostra esistenza mortale, grigia e anonima, illuminandola col sorriso semplice di Julia e lo sguardo limpido di Hugh. Ma non solo: attorno ai due interpreti si muove una girandola di attori dai tempi comici perfetti, in particolare Emma Chambers nel ruolo della sorella di lui, e Rhys Ifans nei panni del coinquilino pasticcione e indiscreto.

Tante le curiosità di questo film, ma la più strana, probabilmente, è il fatto che Hugh Grant non volesse assolutamente baciare la Roberts, perchè diceva che aveva la bocca troppo grande per i suoi gusti. A volte la realtà è ancora più incredibile di certi film.

Se volete un secondo parere, lo trovate qui.

17 pensieri riguardo “Notting Hill (1999)

  1. Un film che ho amato molto, soprattutto per la colonna sonora. Grandi!!! Poi adoro Julia Roberts in tutti i suoi film 🎥
    Pretty woman meraviglioso, anche per I must have been love dei Roxett.
    Regalai a mia cognata gli occhiali da sole 🕶 che indossava con lo splendido vestito marrone a pois bianchi!
    Grazie Raffa, ci fai sempre sognare! 🥰

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