Questo è uno dei film con Sean Connery che più apprezzo, forse perché è una storia semplice e il personaggio interpretato da Connery è particolarmente vero e umano, lontano da altri molto più fantasiosi o avventurosi della sua lunga filmografia. Il protagonista è William Forrester, scrittore vincitore di un Pulitzer, che si è ritirato a vita privata e ha smesso di scrivere. Vive nella sua torre d’avorio, dall’alto della quale osserva il mondo esterno e i suoi abitanti, con cui ha deciso da tempo di non voler avere più niente a che fare.

Un giorno viene casualmente in contatto con un ragazzo afroamericano di 16 anni, con un talento naturale per la pallacanestro e una passione segreta per la scrittura. L’incontro cambierà l’esistenza di entrambi, portando nelle loro vite una svolta inattesa e determinante. È chiaramente un film affetto da parecchi cliché, a partire dallo scrittore apparentemente burbero e asociale, che si rivela buono e comprensivo, così come il ragazzo che parte da una situazione di svantaggio sociale e culturale, per rivelarsi poi un incredibile talento. Anche il percorso narrativo è abbastanza scontato: si passa dai contrasti iniziali ad una prima fase di comprensione reciproca, per poi tornare al conflitto e infine all’affermazione conclusiva della verità. In questo senso va, però, sottolineata la capacità del regista di saper rinnovare gli stereotipi, rendendo la vicenda nel suo complesso originale, accattivante e coinvolgente.

I temi affrontati emergono con chiarezza, grazie all’andamento scorrevole della storia, e in particolare risaltano i valori a cui i personaggi fanno riferimento: da una parte la letteratura, e la cultura in generale, come fonte di maturazione e di crescita spirituale, e dall’altra la scrittura, come processo creativo non fine a se stesso, ma a favore degli altri. E come valore aggiunto, l’amicizia, che si trasforma in rispetto reciproco, e da lì alimenta la crescita individuale di entrambi. Il terreno su cui gioventù e vecchiaia si incontrano è la vocazione per la scrittura, e dimostra che alla fine non sono mondi così separati, ma possono trovare punti d’incontro, come anche cultura e sport.

In qualche modo Scoprendo Forrester riprende le tematiche di Will Hunting – Genio ribelle, firmato dallo stesso regista tre anni prima. C’è la relazione di amicizia e complicità tra un adulto e un adolescente, c’è la scoperta e il successivo sviluppo di un talento, anche se qui si tratta di un talento con le parole, anziché con i numeri, e c’è infine il riscatto positivo di entrambi i soggetti, che da questo rapporto di collaborazione escono arricchiti e positivamente trasformati.

Dal punto di vista strettamente cinematografico, si può sottolineare l’abilità di Gus Van Sant, alla regia, nell’accentuare in ogni modo i contrasti tra i due mondi che vengono in contatto, ma anche le loro affinità: così si passa dalle scene girate nello spazio limitato e chiuso, quasi claustrofobico, dell’abitazione di Forrester, a quelle ambientate all’aperto, nelle strade in cui si muove e vive il giovane Jamal; nello stesso tempo il regista ci mostra che i due protagonisti, caratterizzati da interesse e curiosità reciproche, si spiano a lungo a vicenda, lo scrittore dalla finestra del suo rifugio inaccessibile, il ragazzo dal campo di basket sottostante.

Gli interpreti sono assolutamente in parte: Connery è espressivo in un ruolo per lui inconsueto, e funziona alla perfezione nei panni del vecchio saccente e burbero, ma dal cuore aperto e disponibile, mentre Rob Brown, qui al suo esordio sullo schermo, ha il piglio giusto per il ruolo del protagonista, mostrando un raro talento naturale, che però non ha ancora trovato, ad oggi, una conferma significativa. Va ricordato anche Murray Abraham, sempre convincente nel ruolo di cattivo, che qui interpreta il severo professore di Jamal, che diffida delle sue capacità, accusandolo di aver copiato (altro stereotipo di questo genere di storie).

Nel complesso è un film che riunisce diversi generi, è racconto di formazione, drammatico ma a tratti anche ironico, e persino commedia adolescenziale volendo, che riesce però a far riflettere, senza essere troppo scontato, e anche a commuovere, evitando la lacrima facile. Un film dai ritmi lenti ma mai noiosi, che riesce a coinvolgere e a tener viva l’attenzione dello spettatore fino alla fine.
un film che mi è rimasto impresso per trama e interpretazione, uno di quei film che si rivedrebbero volentieri dopo tot tempo
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Fatto molto bene, ben scritto e ben interpretato
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Ti vengono in mente altri film a cui si applicano alla perfezione questi 3 complimenti?
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Me ne vengono in mente diversi, che sono capolavori famosi, e me ne viene in mente uno, a cui sono particolarmente affezionata, che è poco noto: Il club degli imperatori, fratello minore de L’attimo fuggente, purtroppo molto meno conosciuto, ma altrettanto valido.
Grazie di essere passato, Wayne, e buona Pasqua.
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Anche a te amica mia! 🙂
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Buon giorno +++++++++++++++++++ Ti credo sulla parola.
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Grazie della fiducia
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Buona Pasqua^^
Non mi piace molto Sean Connery, al massimo mi piace il suo 007
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Auguri anche a te. Per me è il contrario, mi piace Connery quando non fa 007.
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Un film meraviglioso, ti rimane sottopelle e non lo scordi più.
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E’ vero, uno di quei film che ti dà qualcosa.
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