Highlander – L’ultimo immortale (1986)

Quando uscì, nel lontano 1986, rappresentava una novità assoluta, e questo spiega una certa esitazione da parte della critica e anche del pubblico. Non fu un grande successo al botteghino, ma ebbe tutto il tempo di diventare poi un cult, al punto che i produttori ne fecero ben quattro sequel, senza che nessuno riuscisse ad eguagliarne la bellezza e il successo. La storia credo che sia ormai entrata nella leggenda del cinema, ma per i più giovani si può cercare di riassumerla brevemente.

Connor MacLeod è un immortale di quattrocento anni che vive attualmente a New York sotto un altro nome, e fa l’antiquario: le sue origini si perdono nella Scozia del 1500, quando i clan si combattevano per sopravvivere e alcuni guerrieri avevano il dono dell’immortalità. L’unico modo per uccidere un immortale era decapitarlo. Le lotte tra gli immortali sono così arrivate fino ai giorni nostri, attraversando i secoli, perché alla fine ne resterà uno soltanto.  La battaglia finale, tra i pochi immortali rimasti, si giocherà a colpi di spada tra le strade di New York, e Connor si troverà alla fine ad affrontare il più terribile di tutti, The Kurgan, all’apparenza molto più forte di lui.  Naturalmente, le decapitazioni tendono ad attirare l’attenzione e Connor deve trattare sia con la polizia, sia con un’esperta di armi antiche che inizia a scoprire il suo segreto. Non vi dico come finisce, così chi non l’ha visto magari si incuriosisce e va a cercarlo.

In fondo si potrebbe considerare MacLeod come un antesignano dei moderni X-men: anche lui si trova a dover gestire un potere che non ha chiesto e che lo rende diverso da chiunque altro. Non è un caso che all’inizio, quando il suo clan si accorge che è sopravvissuto a una battaglia, ne è spaventato e lo caccia, temendo che abbia stretto un patto col diavolo. Sicuramente quindi un film fantastico, anche se difficilmente lo si potrebbe definire fantasy, perché al di fuori degli immortali, non ci sono altre creature tipiche di quel genere. Niente orchi né troll, né tanto meno maghi o fate. Ma ugualmente creature fantastiche, dotate di poteri straordinari, che però vivono in mezzo a noi, adattandosi perfettamente alla realtà che li circonda, salvo poi tirare fuori spadoni medievali e combattere da provetti spadaccini.

In definitiva Highlander è una favola, con alcuni degli elementi tipici del racconto fantastico: c’è l’eroe innocente e buono, il maestro esperto che gli insegnerà tutto quello che deve sapere, ci sono duelli, c’è il cattivo malvagio e la tragica perdita, e naturalmente l’amore in pericolo. Il trucco è presentare tutto questo in un modo nuovo, con qualcosa di sorprendente che lo renda indimenticabile.

Una delle mosse più intelligenti della sceneggiatura è quella di creare un senso di mistero. Molte cose non vengono spiegate allo spettatore, che capisce cosa sono gli immortali, ma non il motivo per cui esistono. Perché alcune persone nascono immortali? Perché devono combattere e alla fine riunirsi in una terra straniera? Perché avvertono fisicamente la presenza di un altro immortale? Non ci viene detto, e i personaggi non lo sanno. Un po’ come ogni essere umano che si chiede perché esiste e qual è il significato della vita.

Ma Highlander è anche un affresco romantico che sfrutta l’aspetto emotivo del viaggio di Mcleod nel tempo, mentre vede scomparire tutti quelli che ama. Così il ricordo d Heather, la prima moglie, lo perseguiterà fino al XX secolo. E ancora più toccante è la sua relazione con Rachel, la bambina che Connor ha salvato nel bel mezzo di un campo di battaglia della seconda guerra mondiale, crescendola poi come sua figlia. La morale della favola sembra essere che l’immortalità, tanto desiderata dall’umanità, non sia poi una gran cosa se devi dire addio alle persone care che non condividono il tuo dono.

Per interpretare lo scozzese Connor MacLeod, il regista punta su Christopher Lambert, che si era fatto conoscere con Greystoke – La leggenda di Tarzan, che però non conosceva neppure l’inglese e dovette impararlo alla perfezione. Forse non avrebbe potuto recitare l’Amleto, ma riesce a esprimere l’esuberanza giovanile così come il dolore della perdita, e questo è ciò che la parte richiede. Per rassicurare gli investitori, i produttori assumono Sean Connery, scozzese di nascita, ma per il ruolo di Juan Sanchez, il maestro d’armi spagnolo. L’attore riesce ad essere divertente e sicuramente notevole. Per fortuna i due attori vanno d’accordo meravigliosamente, la loro amicizia sul set rende tangibile il legame tra l’immortale ancora giovane e il suo mentore.

Il malvagio immortale Kurgan è Clancy Brown, che l’anno prima aveva interpretato (non a caso) il mostro di Frankenstein ne La sposa promessa: l’attore crea un criminale memorabile, e disegna un cattivo incredibilmente impressionante e spaventoso, dotato di un senso dell’umorismo crudele, a cui presta la sua voce profonda e il suo fisico colossale. Nelle scene girate di notte a New York si muove quasi come Terminator, per gli stessi vicoli bui e gli stessi sordidi hotel.

Oltre al cast, che sicuramente fa la sua parte, si fa notare anche un montaggio vivace e ingegnoso, capace di passare, senza alcuna spiegazione, da un duello con la spada sotto il Madison Square Garden, alla Scozia dell’era rinascimentale, per poi tornare di nuovo alla moderna New York. Le dicotomie nel film gli danno freschezza ed energia: le armi antiche che risaltano sulle strade metropolitane, passato contro presente, Highlands scozzesi contro la metropoli di New York. Ciliegina sulla torta, è il caso di dirlo, la colonna sonora firmata da Michael Kamen con le canzoni dei Queen, tra cui Who Wants to Live Forever, cantata da Freddie Mercury. Anche la musica contribuisce a sottolineare la natura dualistica del film, dando il giusto tono a ogni periodo di tempo, e il suo contributo non fa che moltiplicare il potere epico del film, rendendolo all’altezza della sua colonna sonora: romantico, leggendario e lirico. In una parola, immortale.

29 pensieri riguardo “Highlander – L’ultimo immortale (1986)

  1. Per me si tratta di un fil speciale. L’ho visto diverse volte al cinema e poi tante a casa. Ho tutti i film e gli episodi della serie tv. Insomma per me è un film degno di nota. La regia di Russell Mulcahy la trovo veramente ottima per l’epoca…ma d’altra parte lui ha avuto una nomination per gli MTV Video Music Awards 1985 come miglior regia per il video dei Duran Duran “The Wild Boys” che all’epoca spopolò! 😉

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