Remember (2015)

Già dal titolo, questo film si presenta come un affascinante viaggio nei meandri di una memoria stanca a sbiadita, che si rifiuta di collaborare, quasi sapesse che ricordare può distruggere. Perché ognuno di noi, oltre ad essere corpo e anima, possiede un’essenza che li tiene uniti, ed è l’insieme dei propri ricordi, dato che ogni uomo è definito nel presente dalle tracce del proprio passato, che ne costituiscono la vera identità.

Un film intenso e struggente, interpretato, con un garbo d’altri tempi, da due attori maestosi come Christopher Plummer e Martin Landau, rappresentanti di quel cinema raffinato e prezioso in cui uno sguardo o un silenzio esprimono più di mille parole. Non è però l’ennesimo film sull’Alzheimer, che negli ultimi anni è diventato argomento molto di moda, con risultati spesso deludenti. E’ piuttosto un film sui meccanismi perversi della nostra mente e su come sentimenti assoluti, quali odio o rancore, riescano a radicarsi in profondità che a volte non ci è dato conoscere.

Siamo in una casa di riposo per anziani, dove due ultranovantenni, Max e Zev, entrambi ebrei, condividono un desiderio di vendetta e di giustizia personale, nei confronti di chi ha sterminato le loro famiglie 70 anni prima. I due amici, che in gioventù furono rinchiusi insieme ad Auschwitz, hanno però seri problemi fisici: mentre Zev combatte con la demenza senile che avanza inesorabile, cancellando ogni giorno nuovi frammenti del passato, Max non si può muovere, perché costretto su una sedia a rotelle.

Dopo la morte della moglie Ruth, terminato il rituale ebraico del lutto, Zev riceve dall’amico Max una busta, con l’invito ad aprirla in privato. Al suo interno, Zev trova una lettera, un fascio di banconote, e l’appunto di una vecchia promessa da mantenere: rintracciare Rudy Kurlander, nome falso sotto cui si nasconde Otto Wallish, un criminale nazista a cui entrambi gli amici erano sopravvissuti.

Zev decide quindi di partire per compiere quella che sa essere la missione più importante di tutta la sua vita e, messe poche cose in una borsa, scappa durante la notte con la complicità dell’amico Max. Così ha inizio un pellegrinaggio, a tratti allucinante, spesso assurdo, alla ricerca di un passato pesante come un macigno, che si disvela a poco a poco, tra le pieghe della memoria.

E quando il protagonista, come in Memento, dimentica la mèta e il motivo del viaggio, la lettera fornisce la rotta da seguire, il chi, il dove e soprattutto il perché. E in caso di dubbi, basta una telefonata a Max, che saprà riaccendere nella mente dell’amico, la scintilla dello scopo ultimo di quel travagliato percorso ad ostacoli. Solo che, in realtà, il motivo di questo disperato vagabondare, tra luoghi che non ricorda e persone che non riconosce, non è quello che Zev si aspetta.

Sul finale, e solo sul finale, Remember si trasforma in un thriller, con un colpo di scena degno del miglior Hitchcock, che sconvolge il protagonista al pari dello spettatore: la sceneggiatura capovolge completamente quell’unica certezza che dall’inizio è stata assunta come verità assoluta, rivelando una realtà nascosta, sotterrata per anni, al punto da bruciare la coscienza e corrodere l’anima.

Remember è a suo modo un road movie, sia pure al ritmo claudicante di un vecchio novantenne, che viaggia tra i ricordi più dolorosi per compiere la sua vendetta. Ed è chiarissimo, nello svolgersi della storia, che il ricordo assume una duplice valenza: è un valore indispensabile per costruire la propria identità, ma può essere anche un peso enorme, da cui la mente stessa cerca di proteggerci.

Nel film di Egoyan il capitolo più buio di una storia passata si fonde con una contemporanea storia di vendetta, senza tuttavia addentrarsi più di tanto nel tema della Shoah, o in quello dell’Alzheimer. Quello che interessa al regista in fondo è mostrare come grandi e drammatici eventi del passato possono ripercuotersi sul presente, con ferite rimaste aperte anche a distanza di oltre 70 anni.

Per certi versi, il film mi ha ricordato Music box – Prova d’accusa, una pellicola di Costa-Gravas del 1989, sicuramente meno originale, ma altrettanto sconvolgente nelle tematiche. Nel film di Egoyan c’è in più l’elemento della coscienza che, sia pure per uno strano meccanismo involontario, riesce a portare allo scoperto i fantasmi di un passato da cui non può più fuggire.

L’intreccio di Remember è nel complesso piuttosto intrigante, con momenti quasi da commedia, alternati a scene di alta tensione, anche se la sceneggiatura presenta non poche incongruenze, abilmente superate dalle ottime interpretazioni di tutto il cast.

Egoyan firma un superbo esame di coscienza sull’Olocausto e sulle sue conseguenze, dove la narrazione schematica e i tempi, un po’ lenti forse, ma utili per la riflessione, non lasciano spazio alla noia. L’epilogo, folgorante nella sua imprevedibilità, è solo la ciliegina sulla torta di una pellicola capace di emozionare profondamente e di suggerire spunti di riflessione sicuramente non  banali. Ed è l’occasione di rivedere due interpreti straordinari.

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15 pensieri riguardo “Remember (2015)

  1. Ti dico subito che anche a me ha per molti versi ricordato il film di Costa-Gavras forse per una certa vicinanza al tema, ma sicuramente sono diversi. L’analisi che ne fai la condivido tutta e credo che sia un film da vedere e magari rivedere perché ci racconte di scelte complesse e difficili. Brava!

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  2. Molto bello. In fondo parla anche della nostra memoria, come società, in cui spesso “dimentichiamo” cosa non vogliamo ricordare, e in cui scordiamo di essere non solo vittime, ma i veri carnefici, seppur spesso inconsapevoli

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      1. Sì, trovato. Ho messo insieme ‘na roba ma mi pare un po’ rabberciata. Non so se riuscirò a partecipare… Questa volta ho trovato difficile mettere insieme i titoli con un po’ di humour.

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  3. Al desiderio di vendetta covato per 70 anni, tema del film qui recensito, si contrappone il tema del perdono, tema trattato nel film “La forza del perdono” di Gregg Champion (2010), tratto da una storia vera:

    Nel mese di ottobre del 2006 Charles Carl Roberts si barricò in una scuola della comunità Amish di Nickel Mines in Pennsylvania, prendendo in ostaggio dieci bambine. L’uomo, che voleva vendicarsi di Dio che gli aveva preso la sua bambina morta poco dopo la nascita, fece un massacro, uccidendo cinque bambine e ferendone altre cinque prima di suicidarsi.

    Poco dopo, sorprendendo l’opinione pubblica e tutti i media che erano accorsi per capire, tre Amish, tra i quali il padre di una delle piccole vittime, vanno dalla vedova dell’assassino per dirle che perdonano suo marito e che le saranno accanto se ne avrà bisogno. La donna, sconvolta e inorridita dal gesto del marito, non riesce a capire il loro atteggiamento.

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    1. Io ammiro e rispetto profondamente chi riesce a perdonare, ma faccio molta fatica a comprenderne la forza. Sicuramente la vendetta non è una bella cosa, ma il suo desiderio è molto umano, e più facile da capire rispetto al perdono.

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