Il matrimonio del mio migliore amico (1997)

Esiste l’amicizia tra uomo e donna? Ed è possibile essere soltanto amici, senza turbamenti di tipo sentimentale o gelosie? Questo film non si propone di rispondere, almeno non di dare una risposta seria, ma trae spunto da una situazione paradossale per creare una commedia romantica e divertente, dal finale tutt’altro che scontato.

Julianne e Michael sono amici dai tempi del college, si conoscono profondamente, vanno d’accordo su ogni cosa, al punto che quando si sono separati, si sono fatti una promessa: se, arrivati ai 28 anni, saranno ancora single, si sposeranno tra di loro. Una promessa fatta quasi per gioco e poi dimenticata, finché Julianne, alla soglia del ventottesimo anno, riceve una telefonata da Michael che la invita al suo imminente matrimonio con la donna di cui si è follemente innamorato.

L’improvvisa rivelazione indispettisce Julianne che si rende conto di essere innamorata di Michael, e parte dunque con il proposito di mandare a monte il matrimonio. La situazione si complica quando si trova di fronte la futura sposa: praticamente la ragazza perfetta. Bella, colta, ricca, dolcissima e sensibile, ma anche divertente e brillante. Forse un difetto ce l’ha: è un po’ ingenua e non si rende conto delle mire di Julienne, al punto che le chiede di farle da damigella. Questo le permetterà di tramare alle sue spalle senza alcuna difficoltà.

Quando tutti i suoi tentativi di sabotaggio falliscono, Julianne chiede l’aiuto dell’amico George, perché si faccia passare per il suo fidanzato, sperando di ingelosire Michael. Riuscirà con quest’ultimo tentativo a riconquistare il cuore di Michael? Finale a sorpresa, molto apprezzabile, per un film accattivante che viaggia sui binari della commedia brillante, alternata a momenti di vero romanticismo.

Julia Roberts è perfettamente a suo agio nel ruolo di Julianne, soprattutto negli aspetti più romantici del personaggio: il sorriso e gli occhi scintillanti sono quelli di Pretty woman e di tutte le altre commedie che ha interpretato negli anni ’90, spesso accanto a Richard Gere. Forse se anche in questo film si fosse scelto, per il ruolo di Michael, un attore del calibro di Gere, al posto dell’insipido Dermot Mulroney, il protagonista avrebbe avuto più personalità, invece di sembrare uno sciocco, manovrato e conteso dalle due donne.

Chi invece ha fascino e carattere in abbondanza è Rupert Everett che, dal momento del suo ingresso nella vicenda, dà un nuovo impulso al film e irradia una luce che ravviva di riflesso anche gli altri personaggi. In più, il dettaglio della sua omosessualità non fa che rendere la situazione ancora più divertente. Anche Cameron Diaz splende di luce propria nel ruolo della fidanzata insopportabilmente perfetta e gentile in modo irritante, facendone una vittima un po’ antipatica, per cui non si riesce a provare compassione.

Tra i tanti caratteristi che completano il cast, va citata un’apparizione di pochi minuti di Paul Giamatti, nel ruolo di un fattorino dell’hotel, che consola Julianne nel tempo di una sigaretta. Una colonna sonora particolarmente indovinata accompagna tutti i momenti salienti, fino all’incantevole scena finale, rendendo il film molto piacevole al di là della trama.

La regia di Paul Hogan si muove con sicurezza tra interni ed esterni, mettendo in scena il classico matrimonio cinematografico della media borghesia americana, con damigelle vestite di un’improbabile color lavanda, e tutta una serie di inverosimili cliché che ricordano i vecchi film con Doris Day e Rock Hudson. Nel complesso il film è una commedia romantica per chi è ancora convinto che in amore e in guerra tutto sia lecito; tra inganni e bugie, battute divertenti e canzoni improvvisate, non annoia mai e ci regala un finale che riesce persino ad essere credibile.

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