Sangue blu (1949)

Basato su un romanzo del 1907 di Roy Horniman, adattato per lo schermo da Robert Hamer, il film è una delle commedie considerate di più alta qualità nel cinema britannico. Una storia nera ben costruita, avvolta da un umorismo fine e sofisticato, che diventa satira pungente, e pur essendo inevitabilmente datata nella trama, presenta, nella psicologia dei suoi personaggi, caratteri riconducibili a un’umanità ancora molto attuale.

Il film è costruito come un lungo flashback, narrato dalla voce del protagonista, che racconta e commenta la sua storia. Louis Mazzini, figlio illegittimo di una nobile fuggita con un umile musicista italiano, a causa dello scandalo viene disconosciuto dalla famiglia materna e privato della sua eredità. Quando sua madre muore, e come ultimo schiaffo le viene persino negata la sepoltura nella tomba di famiglia, Louis, ormai adulto, giura di vendicarsi e di ripristinarsi al suo posto legittimo nella successione, uccidendo tutti i membri della famiglia, otto nel complesso, in modo da essere il prossimo in linea per il titolo di Duca.

Lo stratagemma della voce fuori campo, che commenta direttamente gli eventi, è il tocco di classe della pellicola, che rende deliziosi anche gli eventi più atroci. Perché è chiaro da subito che il protagonista è un killer spietato che intende eliminare tutti i membri della sua famiglia, per ereditare un titolo e vendicare la madre, e non ci nasconde la sua fredda premeditazione; ma al tempo stesso i suoi commenti sono deliziosamente ironici, anche per la vivacità del racconto, in cui i morti si susseguono a ritmo frenetico, senza allontanarsi da una serietà venata di sarcasmo.

Veleno, caccia, barca o incidenti in mongolfiera, tutti i mezzi sono buoni per sbarazzarsi di questi eredi ingombranti, in modo perfettamente immorale e, per rincarare la dose di umorismo, la sceneggiatura è attenta a presentarli come degli idioti completi, siano essi ecclesiastici o banchieri, odiosi o simpatici. Questa visione sarcastica della nobiltà inglese è molto divertente, soprattutto per lo spettatore moderno, ma doveva essere temeraria nell’Inghilterra del 1949.

Ma poiché l’assassino ha fascino ed eleganza sufficienti, lo spettatore non può fare a meno di essere deliziato dalla sua impeccabile vendetta. La conclusione del film, con un’ultima svolta a sorpresa, suggerisce che alla fine prevalga la giustizia, ma è troppo tardi, Louis ha conquistato la nostra simpatia e ha ridicolizzato l’intera nobiltà.

Il film si ricorda soprattutto per l’interpretazione di Alec Guinness che dà vita, volto e presenza, agli otto eredi da eliminare, tra cui anche una donna. Guinness non si è semplicemente calato in otto personaggi, diversi e allo stesso tempo con caratteristiche simili, come si addice ai parenti. L’artista ha incarnato l’irreversibile degrado interno dell’élite, che occupava ancora una posizione importante in varie sfere della vita pubblica: un banchiere avaro, un prete, un vecchio ubriacone di buon carattere, un generale e un ammiraglio, orgogliosi di difendere l’onore dell’esercito e della marina, e persino una suffragetta attiva e battagliera.

Frammenti di nobiltà che cadranno tutti vittime di un gentiluomo che si è fatto da sé, è stato rifiutato e ha dedicato la sua vita alla vendetta. Guinness li interpreta tutti con una perfezione quasi manieristica, ognuno con le proprie inflessioni e le proprie caratteristiche uniche, ma tutti accomunati da un disprezzo abbastanza sottile, in modo che il pubblico non si scandalizzi troppo quando vengono uccisi.

Anche se Guinness è presente sullo schermo solo per una decina di minuti in totale, il suo contributo a questo film è assolutamente leggendario. Onore ai truccatori, certo, che hanno reso Guinness irriconoscibile, ma tanto di cappello all’attore che è così impressionante in questa impresa, da eclissare il povero Dennis Price, pur bravissimo nel ruolo del protagonista.

Price interpreta qui il ruolo migliore della sua carriera nei panni del killer distinto, ma estremamente freddo, che uccide uno ad uno i contendenti al titolo, con un umorismo morboso. Ogni volta in modo diverso, sempre più creativo, e restando comunque un gentiluomo, il che rende ancora più forte l’atmosfera macabra che aleggia sul film. Un giovane intelligente ed estremamente affascinante che ha un contegno sempre dignitoso, anche mentre aspetta la sua esecuzione, scrivendo le sue memorie. È un uomo così gentile, che quasi ci fa dimenticare di essere un assassino. Purtroppo Price non eguaglierà più la perfezione di questa prova, e finirà la sua carriera interpretando per lo più film horror a basso costo.

Ma questa pellicola è anche uno spettacolo da vedere, grazie alla bellissima fotografia in bianco e nero e agli splendidi costumi, e crea una brillante combinazione di splendore visivo, recitazione di qualità e sceneggiatura piacevolissima.
Hamer ha trovato un ritmo appropriato ed efficace e ha creato una commedia che non solo era divertente quando è uscita, ma ha resistito molto bene alla prova del tempo ed è tuttora gradevolissima. Da non perdere per i fan di Alec Guinness e per chi predilige un umorismo raffinato e meravigliosamente britannico, ricco di arguzia intelligente e satira di costume.

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