Un dramma carcerario atipico per gli standard di Hollywood, forse uno dei migliori per contenuti. Non siamo di fronte al solito film in cui un prigioniero, spesso innocente o comunque vittima delle circostanze, viene vessato da un direttore sadico e violento, che abusa del suo potere per scaricare le proprie frustrazioni o per applicare le proprie teorie rieducative. Per una volta, c’è un direttore onesto e coscienzioso, forse fin troppo comprensivo, che intende mettere ordine nel sistema carcerario e raddrizzare i torti, se ce ne sono.

A questo scopo, per vedere con i propri occhi come funzionano le cose nel carcere che è chiamato a dirigere, si fa imprigionare, all’insaputa di tutti, in modo da osservare da vicino e sperimentare sulla propria pelle il trattamento riservato ai carcerati. Purtroppo deve rivelare troppo presto la propria identità, ma riesce comunque a sollevare il velo su segreti a lungo nascosti.
Il connubio tra Redford, da sempre interprete e sostenitore del cinema d’impegno sociale, e Rosenberg, che aveva già diretto Nick mano fredda, ed è a suo agio nel dirigere un film di questo tipo, dà vita a un eccellente ritratto della realtà carceraria in America.

La differenza rispetto ad altri film di questo genere, come Fuga da Alcatraz o Le ali della libertà, è che qui l’attenzione si concentra per lo più sul direttore della prigione, anziché sui detenuti, anche se indirettamente veniamo a conoscenza delle loro storie, attraverso gli occhi del direttore stesso. Redford è perfetto per il ruolo del giovane ed entusiasta Brubaker, che vuole restituire ai prigionieri il rispetto di se stessi invece di picchiarli, e deve affrontare le conseguenze della sua rivoluzione. Infatti non sarà facile, perché, come spesso succede quando qualcuno cerca di cambiare le regole, l’approccio umano del nuovo direttore è guardato con sospetto, nonché osteggiato, da chi ha tutto l’interesse che le cose non cambino.

Oltre al trattamento disumano dei prigionieri, e a misteriose sparizioni verificatesi nel corso degli anni, Brubaker scoprirà anche una rete di corruzione ad alti livelli, organizzata in un sistema ormai consolidato, che la sua smania riformista rischia di danneggiare. Il criminologo idealista alla fine si imbatte in un muro di interessi, commercio e potere, e la politica fa sparire tutte le buone speranze come neve al sole. Brubaker è un film di denuncia che riesce a rimanere interessante fino alla fine, coinvolge lo spettatore nelle vicende descritte e mantiene un certo ritmo per tutte le due ore abbondanti della sua durata.

La prima mezz’ora è più intrigante, almeno fino a che il personaggio interpretato da Redford non si rivela, e sperimenta personalmente quello che i prigionieri vivono ogni giorno. Poi, a poco a poco, lo vediamo al lavoro per cambiare la struttura arrugginita della prigione. Rosenberg ci mostra, attraverso lo sguardo sconvolto di Redford, che l’approccio duro può portare ad abusi e violenze e che solo una linea molto sottile separa i criminali dalle forze dell’ordine. Va detto che Redford era molto coinvolto nella storia, come sempre accade quando interpreta film di carattere sociale, ma ad essere onesti la sua interpretazione è un po’ monotona. Avrebbe potuto forse rendere il suo personaggio più interessante e vivace, piuttosto che introspettivo e pensieroso. In altre parole, era forse troppo concentrato sul messaggio, per caratterizzare a fondo il personaggio.



Per fortuna non c’è solo Redford a sostenere le sorti del film, ma è circondato da un cast forte, che conferisce alla pellicola qualche punto in più: da Morgan Freeman, qui al primo ruolo importante, e David Keith, allora giovane promessa, fino a caratteristi di lusso come Emmet Walsh, Yaphet Kotto e Murray Hamilton, che ricoprono ruoli importanti e decisivi per la storia. In particolare Kotto è potente e intenso, un attore davvero forte nelle rare occasioni in cui gli è stata data l’opportunità di mostrare il suo talento.

In realtà Brubaker non ha punti deboli, se non forse il finale che sembra un po’ forzato e per nulla confortante: nel complesso è una storia equilibrata, ripresa da un’angolazione originale, con un cast più che valido. Ed è tratta da una storia vera, che però si concluse diversamente. Un bel Redford, comunque, da vedere.
mai sentito prima
e non vado matto per Redford
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Mo me lo segno… 🙂
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😛
però mi piace molto A piedi nudi nel parco, perke c’è la bravissima Jane Fonda
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il film molto bello purtroppo la realtà è molto diversa
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La realtà purtroppo è sempre diversa dai film…
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Buon giorno 1 Visto e piaciuto.
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Buongiorno a te
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L’universo carcere è cosa assai difficile da raccontare. In ogni caso amabbi mucho questo film.
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Anche perché credo che l’universo carcere abbia tante sfaccettature diverse, a seconda dei luoghi e delle epoche.
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