Rosso d’autunno (1994)

Un giallo affascinante e intelligente, forse un po’ lento, ma non per questo meno interessante. Rientra a buon diritto tra i migliori thriller degli anni ’90, anche se il ritmo molto rilassato ne fa più un giallo psicologico che un thriller ad alta tensione. Non mancano le sorprese e i colpi di scena, ma sono molto diluiti e danno allo spettatore tutto il tempo di metabolizzarli.

Un efferato delitto sconvolge la vita tranquilla di una piccola provincia americana: marito e moglie uccisi in modo particolarmente violento nella loro camera da letto, e la soluzione del brutale omicidio è nascosta nella mente di un bambino autistico, testimone, o forse autore stesso, del duplice delitto. Al momento dell’aggressione era presente in casa anche la sorella, ma afferma di non ricordare nulla.

Lo sceriffo che deve risolvere il mistero si rivolge ad uno psicologo specializzato nella cura dell’autismo, che con sensibilità e competenza scaverà a fondo nei labirinti della piccola mente, fino ad arrivare all’inattesa soluzione. Naturalmente sarà osteggiato nel suo percorso, già di per sé difficile, da un arrogante collega, presuntuoso e saccente, che pensa di aver capito tutto, mentre è ben lontano dalla verità.

La critica ha accusato il regista di aver messo insieme un gran numero di luoghi comuni, confezionando un giallo banale e scontato. Forse i luoghi comuni ci sono anche, ad uno sguardo superficiale: c’è lo psicologo schiacciato dal senso di colpa per il suicidio di un paziente e c’è il piccolo autistico, richiuso nel suo mondo, che fatica a comunicare con l’esterno; c’è la rivalità tra colleghi, nello specifico tra scuole di pensiero e metodi diversissimi, e c’è la presenza ambigua e sensuale dell’adolescente ninfetta.

Ma guardando più a fondo, si coglie subito l’originalità della figura dello psicologo, che si pone fuori dagli schemi e dai libri di psicologia, e lavora con intelligenza e sensibilità cercando l’approccio giusto per il paziente. Perché lui comprende, a differenza del borioso collega, che ogni paziente è diverso. C’è il bambino autistico, ma non è poi così rinchiuso nel suo mondo, anzi in realtà non vede l’ora di poter comunicare, solo che non sa come farlo. O forse sono gli altri che non sanno comprenderlo, e la parte più interessante del film sarà proprio vedere come lo psicologo arriverà a decifrare i suoi messaggi.  E c’è pure la ninfetta adolescente, ma è qualcosa di diverso dalla solita Lolita, e nasconde dietro l’apparente desiderio di sedurre tutto il buio e il freddo della sua anima ferita. E anche qui sarà determinante l’apporto dello psicologo.

Tanta carne al fuoco quindi, tanti elementi, forse non originalissimi, ma interpretati in modo nuovo e singolare; e anche volendo vederlo semplicemente come un giallo, è indubbiamente ben articolato, con una serie di falsi indizi, sparsi qua e là per disorientare lo spettatore, allontanandolo dalla soluzione. E un epilogo inquietante, a cui purtroppo il regista non ha saputo dare il giusto ritmo, ma che resta un finale a sorpresa, imprevedibile e sconvolgente.

Gli attori fanno tutti il loro dovere. Richard Dreyfuss interpreta lo psichiatra sottolineandone autorevolezza e competenza, ma anche i tratti più originali che lo differenziano dal collega, mentre John Lithgow disegna un medico sufficientemente antipatico e pieno di sé da risultare un antagonista perfetto. Linda Hamilton si allontana dalla forte e determinata Sarah Connor di Terminator, per tratteggiare la moglie docile e fin troppo comprensiva dello psichiatra, mentre Liv Tyler, qui al debutto sul grande schermo, disegna un personaggio femminile confuso e sfuggente, in qualche modo vittima della sua provocante sensualità. Anche lo sceriffo è ben caratterizzato da James T. Walsh, specializzato in personaggi di solito corrotti o comunque non del tutto onesti. Ben Faulkner, che interpreta il bambino, nonostante dia prova di buone capacità interpretative, non ha più preso parte ad altri film, almeno fino ad oggi.

Nel complesso è un buon film da rivalutare, anche per la splendida fotografia che esalta la natura autunnale con immagini meravigliose; non sarà memorabile, ma può essere interessante soprattutto per chi ama Richard Dreyfuss, che qui fa da mattatore, e per chi vuole scoprire qualcosa di nuovo sulla realtà affascinante e misteriosa dell’autismo, che non è solo Rain man. E naturalmente per tutti i fan di Liv Tyler.

13 pensieri riguardo “Rosso d’autunno (1994)

  1. L’ho visto all’epoca su Tele+1 e ricordo che mi era molto piaciuto; ribeccato mesi fa su Prime Video me lo sono rivisto e condivido il tuo giudizio: tanta buona roba ma forse si poteva “cucinare” meglio. Non l’ho trovato il film memorabile che ricordavo, probabilmente il mio gusto è cambiato da allora: mi è piaciuto ma lo trovo lontano dall’essere un ottimo film. Un film onesto, sicuramente, e con buoni elementi. E soprattutto bravissimi attori, che non guasta mai 😉

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    1. Anche a me piacque di più allora che rivedendolo adesso. Certo cambia il gusto, ma cambia anche il cinema, perciò ci abituiamo sempre meglio, e quelli che allora potevano essere colpi di scena, ora li intuiamo più facilmente perché siamo smaliziati.

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    1. Ce ne sarebbero tantissimi: dai più famosi, come I soliti sospetti, Il silenzio degli innocenti, Seven o Schegge di paura, fino ai meno noti, come Malice-Il sospetto, Affari sporchi, Analisi finale, Uno sconosciuto alla porta, Identità, L’altro delitto… Sono un’appassionata del genere, perciò fatico a trovare brutto un thriller.

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      1. Affari sporchi e Analisi finale sono 2 grandi film. Non è un caso che in entrambi i film ci sia Richard Gere, perché è perfetto come attore di thriller: è un peccato che il successo di Pretty Woman l’abbia condannato a recitare quasi esclusivamente in commedie romantiche.
        Colgo l’occasione per dirti che ho appena pubblicato un nuovo post: è una classifica in cui cito tanti splendidi film… spero che ti piaccia! 🙂

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