Un affascinante thriller psicologico, che ricalca le orme dei vecchi noir anni ’50, riprendendone l’atmosfera claustrofobica e misteriosa, e aggiungendo qualche elemento di destabilizzante modernità. Tratto dal romanzo L’isola della paura di Dennis Lehane, è una storia ricca di suspense costruita come un meccanismo a orologeria, in cui ogni dettaglio si incastra perfettamente con gli altri creando un insieme solo apparentemente disordinato, che alla fine trova la sua ragione d’essere.

Siamo nel 1954, Edward e Chuck, due agenti federali, arrivano su un’isola in cui ha sede l’ospedale psichiatrico di Ashecliff, dove pare sia scomparsa una paziente. I due detective cominciano quindi ad indagare, ma più si addentreranno nell’indagine, più lo spettatore sarà confuso e spiazzato da tutta una serie di colpi di scena e di indizi che appaiono sempre più surreali, e collocano tutta la vicenda al confine tra sogno e realtà.

L’atmosfera sull’isola è ostile e il personale assegnato per assistere gli agenti nelle loro indagini non sembra molto collaborativo. Diventa subito chiaro che è il capo dello staff medico, il dott. Cowley, a tirare le fila di tutto quello che succede sull’isola, ma soprattutto gli agenti si rendono conto, insieme allo spettatore, che dall’isola è impossibile fuggire, per via delle scogliere a picco e delle acque minacciose che la circondano. Poi, quando un violento uragano rende l’ambiente ancora più inquietante e l’atmosfera si fa opprimente, la storia si sviluppa attraverso una serie di rapidi colpi di scena e il caso della donna scomparsa passa in secondo piano, lasciando il posto a un’indagine più ampia e a un insieme di argomenti intriganti.

Trattamenti sperimentali discutibili, repressione di pazienti psichiatrici, potenziali cospirazioni governative e persino accenni di fenomeni soprannaturali, gli indizi si accavallano vorticosamente, perché niente è ciò che sembra e per lo spettatore è sempre più difficile distinguere tra realtà e finzione. Fino al momento in cui ogni tessera del puzzle va al suo posto e si chiarisce il disegno finale. Tutti i flashback, le allucinazioni, i sogni e le apparizioni, hanno finalmente un senso e spiegano anche le continue emicranie del protagonista.

Ma lo spettatore non possiede dall’inizio gli strumenti per capire, sente solo che qualcosa non va, come una musica stonata. E la magia del film sta proprio nel condurre per mano il pubblico verso la soluzione. Scorsese fin dai primissimi fotogrammi assorbe completamente la nostra attenzione, rivelando la perfetta padronanza dell’arte della suspense di Hitchcock. L’intrigo investigativo si può paragonare a una meccanismo che si apre lentamente ma senza sosta e ad ogni colpo di scena prepara una sorpresa, facendoci ogni volta rimettere in discussione tutte le ipotesi fatte in precedenza.

È solo negli ultimi minuti del film che il mistero dentro il mistero si rivela agli occhi dello spettatore, così come a quelli del protagonista, che finalmente trova pace. Shutter island non è solo un thriller avvincente e ben costruito, è anche un film visivamente accattivante, con un ritmo incalzante che mantiene viva l’attenzione. Nessun dettaglio viene trascurato per rendere la storia affascinante, dall’uso del colore, che dà all’insieme una piacevole impressione anni Cinquanta, al lavoro di ripresa e montaggio, che rende le transizioni tra le scene rapide e fluide, per cui sogni, flashback e allucinazioni del protagonista si alternano alla realtà in modo quasi impercettibile.

A questo si aggiunge una colonna sonora inquietante che ci coinvolge fisicamente e mentalmente nell’esperienza del personaggio principale e ci aiuta a vedere la realtà dal suo punto di vista. Cast straordinario, da DiCaprio che riesce a far uscire dallo schermo l’inquietudine, l’angoscia e il senso di colpa del suo personaggio, a Michelle Williams che incarna tutta la fragilità e la solitudine di una donna malata, abbandonata a se stessa. E poi Ben Kingsley, che nei panni del primario riesce ad essere forse il personaggio più ambiguo di tutta la vicenda e Max von Sydow che dà un contributo piacevolmente cupo alla trama. Non ultimo Mark Ruffalo, che accompagna DiCaprio nel suo viaggio allucinante alla scoperta di se stesso, fornendogli sempre un punto di appoggio e cercando di rispondere alle sue domande. Fino all’ultima, la più importante, a cui però non dà risposta.
E’ peggio vivere da mostro o morire da uomo per bene? Neanche il regista cerca di rispondere ma lascia che sia lo spettatore a trovare una soluzione.
Non ce l’ho mai fatta a vedere questo film, perché il romanzo originale mi ha traumatizzato.
All’epoca era spinto parecchio perché era dello stesso autore del premiato “Mystic River”, e visto l’argomento intrigante mi ero avventato su questa “isola della paura”: dire che sono rimasto deluso è un eufemismo. Il romanzo è un mostruoso abominio di ovvietà e scontatezze che sembra scritto da un bambino dell’asilo, una roba così vergognosamente banale e stereotipica che mi ha bruciato gli occhi. Così mi sono sempre rifiutato di vedere la sua versione filmica,, perché il cinema è molto più schiavo delle ovvie banalità rispetto ai romanzi. Magari invece il film è riuscito a valorizzare la storia, ma non me la sento di rischiare: non voglio provare di nuovo il dolore provato con il romanzo 😛
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Non ho letto il romanzo, perciò non so che dirti. A me il film è piaciuto e non mi è sembrato prevedibile, anzi mi ha sorpreso. Come ho detto, si capisce quasi subito che c’è qualcosa che non va, ma fino alla fine non si arriva a capire cosa. E poi gli attori sono molto bravi.
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Magari sono riusciti a sistemare le magagne del romanzo, chiaramente un’opera acerba, tirandone fuori un film meno scontato del romanzo. Però lo stesso non me la sento di vederlo 😀
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🙂
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E pensa che l’ho rivisto qualche sera fa…
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Non posso dire telepatia, perché la recensione l’avevo scritta un paio di settimane fa… Diciamo allora coincidenza 🙂
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non ho letto il romanzo, ma il film mi è piaciuto e mi ha preso alla grande, tanto che l’ho visto più volte
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Anche a me è piaciuto molto
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Diciamo che sono queste le storie che ormai mi piacciono di più. Mi sono davvero “divertito” a vederlo…
L’unica cosa “negativa” del film, secondo me, è che giunti alla fine avrebbe potuto concludersi in qualsiasi modo e avremmo dovuto accettarlo (non so se ho reso l’idea). Questo un po’ mi infastidisce.
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Ho capito cosa vuoi dire. A me per esempio non è piaciuta la scelta che lui fa alla fine, posso capirla, ma non la condivido. Però, così è, e bisogna accettarla.
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Non ho visto il film ma la tua recensione mi ha incuriosito molto, lo cercherò 😉
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Se ti piacciono i thriller psicologici è perfetto.
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Buongiorno.
Solito giochetto delle scatole cinesi… O sono contorto io o tutto era prevedibile sin dai primi minuti di pellicola. Mi ha dato l’idea che neanche gli attori fossero convinti di quello che stessero facendo.
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Si intuiva qualcosa, ma non una verità così sconvolgente. Tu sei meno ingenuo di me evidentemente.
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O forse ho solo visto più film di te che ricorrevano a questo “escamotage”…
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Sicuramente
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Il film è bellissimo il libro non l ho letto
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Neanch’io, e dopo aver visto il film non avrebbe senso.
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Vero hai ragione
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Mi hai fatto venire la voglia di vederlo.
Buon pomeriggio 1
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Grazie, è un bel complimento. Buon pomeriggio anche a te.
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meritato.
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E’ venuto bene il pranzo?
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si tutto buono
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Bene, ne ero certa
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bellissimo film, l’ho visto una volta sola e basta però, mi basta xD
non sapevo fosse di scorsese, sembra lontano dal suo genere
a me piace che secondo me il finale è aperto: è veramente malato o è consapevolmente condannato al silenzio?
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Anch’io l’ho visto una volta sola, perché dopo non c’è più gusto, quando sai come va a finire. ATTENZIONE SPOILER!!!
Nel finale, la domanda che lui fa a Ruffalo fa presupporre che lui sia guarito, che abbia finalmente ricordato e compreso, ma che non voglia vivere con il peso di quello che ha fatto, e quindi si sottoponga volontariamente alla lobotomia. Io l’ho interpretato così, ma in effetti il finale è aperto.
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Io ho trovato altri 2 modi
Secondo me è volutamente COSÌ ambiguo
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Sicuramente è voluto un finale così…
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Uno degli ultimi film che mi ha “stupita”
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E ci riesce bene
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