Amleto (1990)

E’ la prima versione dell’opera Shakespeariana che ho visto al cinema, e ne ricordo ancora il forte impatto visivo, paragonato con gli allestimenti teatrali che avevo visto in precedenza. La rivisitazione moderna di Zeffirelli, ambientata in uno splendido medioevo, ma con un Amleto fisicamente imponente e più vicino al gusto contemporaneo, è caratterizzata dal dinamismo tipico del mezzo cinematografico, che contrasta inevitabilmente con la staticità del teatro.

Il regista non sente il bisogno di riportare fedelmente tutto il testo originale, e il film ci guadagna in brevità e scorrevolezza, rimanendo comunque spettacolare grazie agli interpreti e al tocco da maestro dello stesso Zeffirelli. Affidare a Gibson il ruolo di Amleto è il primo segnale di modernità e di rottura con gli schemi del passato: non più pallido e macilento, consumato dal dolore, ma irruento, violento ed estremamente vendicativo. Lo affiancano magistralmente attori di lunga esperienza cinematografica, da Glenn Close nel ruolo della regina madre, ad Alan Bates in quello del perfido zio, mentre Helena Bonahm Carter è la dolce e remissiva Ofelia.

Glenn Close è molto sensuale ed esplicita nell’esprimere l’attrazione carnale nei confronti del cognato assassino; in lei c’è più una tacita complice, che una vittima. Belli i giochi di sguardi tra i due amanti, che ricordano più due innamorati adolescenti che due adulteri. Anche Bates esprime una potente sensualità, oltre ad una sfrenata sete di potere e una totale assenza di remore: è un Claudio odioso e maligno. Forse anche per accentuare questo aspetto caratteriale, Zeffirelli riduce notevolmente la scena del suo pentimento.

Simpatico, intrigante, a tratti quasi comico, il personaggio di Polonio, interpretato da Ian Holm, che ne accentua proprio l’aspetto più faceto, mentre delicatissima e romantica è l’Ofelia della Bonham Carter, anche nella scena della pazzia. Il regista ne mostra, subito dopo, la tragica morte, sfumando gradatamente dall’interno del palazzo agli splendidi paesaggi esterni, dove vediamo Ofelia correre tra i prati e poi annegare, mentre la regina ne narra la triste fine.

Zeffirelli non si limita a ridurre la tragedia originale, sfoltendone il testo, ma sovverte anche l’ordine delle scene, anticipando o posticipando dialoghi e monologhi dei protagonisti, mettendoli al servizio del suo personalissimo impianto scenico. Un esempio è il monologo più famoso, quell’Essere o non essere, che Amleto pronuncia non nel palazzo, ma nella cripta, davanti alla tomba del padre, collegando così ancor più il suo monologo alla morte su cui riflette. Ma subito dopo, la scena passa in esterno, molto più luminoso, forse per non incupire troppo il personaggio di Amleto, a cui Gibson fornisce un’energia molto più fisica che meditativa.

Il duello finale con Laerte è uno scontro medievale, con spadoni pesantissimi che rallentano un po’ i movimenti, ma aumentano l’impatto drammatico dei colpi; la morte del protagonista è la fine di un guerriero, scandita da una sofferenza fisica tangibile e dalla progressiva inevitabile perdita delle forze vitali, come se tutta l’energia che aveva sospinto Amleto fino ad allora lo abbandonasse di colpo. Esteticamente bellissima, anche se poco realistica, l’immagine del corpo della regina perfettamente composto, mentre Amleto vi si abbandona dolcemente in grembo.

Splendidi anche i paesaggi che fanno da sfondo alle riprese in esterno, romantiche vedute scozzesi che ben sostituiscono la fredda atmosfera danese. La regia alterna sapientemente gli interni spogli, scuri e claustrofobici, ad esterni solari e sconfinati, con un ritmo frenetico che fa scorrere il film senza inutili lungaggini, ma con la giusta attenzione alle sequenze salienti.

Nel complesso è un film spettacolare, anche se non quanto sarà quello di Branagh, ma è sicuramente una versione dell’Amleto molto più accessibile al grande pubblico: ottimi gli attori, splendidi i costumi, grandiosa l’ambientazione paesaggistica e superba, come sempre, la regia di Zeffirelli.

13 pensieri riguardo “Amleto (1990)

  1. Visto con la scuola, ai tempi del liceo ^_^
    Malgrado fossimo tutti lì a fare confusione (immagina due o tre classi di liceali in libera uscita!) comunque di nascosto dai miei compagni ho davvero apprezzato il film, maestoso sul grande schermo, anche se per gustarmelo per bene poi me lo sono rivisto in TV.
    Di sicuro è fra le versioni di Amleto che preferisco.

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    1. Anche io ci sono affezionata perché, come ho detto, è la prima versione che ho visto al cinema, ed è stata esaltante. Di recente (si fa per dire) ho visto su Hallmark la versione di Campbell Scott e mi ha incantato. Poi, in mezzo, c’è stato Branagh…

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      1. Uh, Campbell Scott mi manca, la devo cercare!
        Da ragazzino avevo visto quella di Laurence Olivier, registrata sulla RAI, poi è arrivata quella di Gibson e subito dopo ho comprato il cofanetto VideoRAI con l’edizione BBC, dove Amleto era il mitico Derek Jacobi e il re cattivo… Patrick Stewart!
        Infine è arrivato Branagh, e poi ad inizio Duemila sono andato al cinema a gustarmi il sottovalutato “Hamlet 2000” con uno strepitoso Ethan Hawke, con Polonio interpretato da un imperdibile Bill Murray.
        Diciamo che non si cade mai male con Amleto, sono tutte bellezze diverse, quindi alla fine mi piacciono tutti, anche se in modi diversi 😉

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