Conflitto di classe (1991)

Originale film processuale, che nella struttura può ricordare uno dei tanti romanzi di Grisham, anche se i siparietti familiari si aggiungono alla vicenda legale. Due avvocati di grido si trovano contrapposti nella causa tra una multinazionale che produce auto e le vittime di un modello difettoso, che ha avuto la cattiva idea di esplodere. Fin qui niente di nuovo sotto il sole. La singolarità del film sta nel fatto che i due avvocati, rivali in tribunale e nella vita privata, sono padre e figlia, divisi dalle rispettive idee politiche e da questioni familiari mai risolte.

Il conflitto che dà il titolo (italiano) al film si gioca su più fronti. Il padre, Jedediah Ward, è un Principe del Foro, conosciuto e stimato nell’ambiente per la lunga carriera che ha alle spalle, e anche per le battaglie sociali che ha combattuto, fuori e dentro il tribunale, mentre la figlia Maggie si è fatta strada con la propria abilità, costruendosi una discreta fama personale, e non ama che le si ricordi il suo cognome; anche lei è un avvocato brillante e affermato, ma ha scelto di non lavorare nello studio del padre.

Altro elemento di originalità del film, nonché di scontro tra i protagonisti, sta nella differenza tra le loro idee politiche: mentre solitamente accade il contrario, qui il padre è un liberal democratico progressista, che combatte per i propri ideali contro i soprusi della casta, e la figlia è un’ambiziosa conservatrice al servizio dei capitalisti.

Al conflitto generazionale e politico si aggiungono poi vecchi rancori di natura personale: la figlia rinfaccia al padre la sua scarsa presenza nella vita familiare e i ripetuti tradimenti nei confronti della madre, oltre al carattere autoritario ed egocentrico. Come accade spesso, alla personalità brillante e spiritosa sfoggiata dal padre in pubblico, corrisponde nel privato una figura di genitore egoista, freddo e distaccato.

Per quanto riguarda la causa che li vede rivali in tribunale, la figlia tutela gli interessi della multinazionale produttrice dell’auto incriminata, il padre invece sostiene l’accusa, a nome di una vittima rimasta sfigurata e costretta in sedia a rotelle, in seguito a un inspiegabile incidente con l’auto in questione.

Molti sono i temi affrontati dal film, che parte dal conflitto familiare e generazionale, per arrivare alla denuncia della corruzione purtroppo non rara negli studi legali, che spesso si spingono fino ad occultare prove pur di vincere una causa (almeno nei film). L’aspetto processuale, però, viene messo in secondo piano nella prima parte del film, perché il regista calca molto la mano sulle vicende familiari, con i frequenti scontri tra padre e figlia, conciliati a volte da qualche intervento bonario e fin troppo tollerante della madre. Ma un evento improvviso e drammatico separa padre e figlia in maniera quasi definitiva, portando lo scontro a un punto di non ritorno e facendo prendere alla vicenda una pericolosa deriva verso il lacrimevole.

Il tono generale del film si riaccende invece quando lo scontro torna nelle aule del tribunale, grazie a un colpo di scena particolarmente efficace. Lo spettatore rimane sorpreso insieme a Maggie quando questa scopre una verità sconcertante sulla multinazionale che sta difendendo, e anche sullo studio per cui lavora. Sarà costretta a scegliere tra l’etica legale e quella personale, in una situazione complicata ulteriormente dalla sua vita sentimentale. Finito il processo, ci sarà modo anche di riappacificarsi col padre, ma il lieto fine, in questo caso, è confortante e ci sta proprio bene.

Il titolo italiano, per una volta, è dunque azzeccato, visto che la pellicola si basa su tutta una serie di conflitti, da quello familiare e generazionale a quello strettamente processuale, ma è stato scelto con tutta probabilità perché il titolo originale, Class action, si riferiva a qualcosa che, allora, da noi era ancora sconosciuto.

La critica ufficiale all’epoca si divise nettamente: da una parte quelli che apprezzarono le diatribe familiari e criticarono invece la parte processuale, giudicandola troppo superficiale e frettolosa, dall’altra quelli che criticarono le melensaggini del conflitto privato tra padre e figlia, apprezzando invece lo scontro etico e processuale.

Personalmente ho apprezzato la commistione dei due generi, perché il regista è riuscito a fondere un dramma familiare con uno scontro giudiziario, senza sacrificare né privilegiare l’uno o l’altro, mantenendo tutto sommato un discreto equilibrio. E tra l’altro ha scoperchiato una questione di non poco conto, mostrando tutta la debolezza del consumatore nei confronti di aziende che mettono il profitto davanti a tutto.

Quello su cui tutti i critici si trovarono d’accordo fu l’apprezzamento per i due interpreti, che riuscirono a calarsi nei rispettivi ruoli, sottolineandone senza difficoltà tutte le sfumature: Gene Hackman dipinge un avvocato affermato e di successo, sicuro di sé in pubblico, ma che nel privato fa uscire tutte le contraddizioni di un marito e padre non proprio perfetto, mentre Mary Elizabeth Mastrantonio rivela, nei dialoghi taglienti, tutto il rancore mai sopito di una figlia cresciuta all’ombra di un padre ingombrante, ma anche la profonda fragilità che nasconde dietro l’ostentata sicurezza professionale. E anche le figure di contorno, tra cui un giovane Laurence Fishburne e lo straordinario caratterista Jan Rubeš, sono ottimi supporti alla riuscita generale del film.

Nel complesso è un film interessante, che si lascia guardare, e riesce ad appassionare piacevolmente anche chi non ama molto i film processuali, mettendo insieme in maniera intelligente ed equilibrata una buona dose di sentimenti, con una spruzzata di impegno sociale e civile, e grazie alla bravura degli interpreti arriva anche a far dimenticare la morale di fondo un po’ banale. Certo non è Il socio e nemmeno La giuria, ma è ben messo in scena, ben interpretato e ben presentato.

41 pensieri riguardo “Conflitto di classe (1991)

  1. L’ho visto parecchio tempo fa ma lo ricordo e mi è piaciuto, ho apprezzato i cambiamenti repentini delle varie storie, il collegamento tra la vita lavorativa e la vita familiare, che seppur distinte si collegano irrimediabilmente, poi apprezzo molto i due protagonisti, quindi l’ho visto con piacere.

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  2. Pure io l’ho sicuramente visto ma non me lo ricordo nei dettagli.
    Invece recentemente ho rivisto un altro film in cui Gene Hackman fa ancora un avvocato, ma stavolta è lui l’implicato, in un caso spinoso di violenza carnale e pedofilia. Under suspicion è il titolo del film, in cui c’è anche M. Freeman (il poliziotto) e Monica Bellucci (la moglie dell’avvocato). Ne parlerai? Io prima o poi sì. E’ un film piuttosto interessante. E non è tanto un legal, quanto un giallo psicologico, se vogliamo… 😉

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