Mi sono chiesta con quale film inaugurare il nuovo blog e ho scelto questa coinvolgente pellicola che a suo tempo mi ha colpito nel profondo sia per le tematiche affrontate, sia per lo stile semplice e diretto con cui ne ha trattato. Ho voluto anche rivederla insieme a mia figlia, che all’epoca aveva poco più di 18 anni, per condividere con lei le emozioni che avevo provato, ma soprattutto per farle conoscere una delle pagine più buie della nostra storia, che lei ignorava del tutto perché nata alla fine degli anni ‘90.

The normal heart è un film coraggioso ed esplicito che per la prima volta parla di omosessualità dal punto di vista degli omosessuali, mostrando senza filtri quello che il mondo gay ha dovuto affrontare negli anni ’80, al primo diffondersi dell’AIDS. E’ la trasposizione cinematografica di un’opera teatrale scritta da Larry Kramer, saggista e sceneggiatore americano, dichiaratamente gay, tra i primi sostenitori dei diritti degli omosessuali, fin dagli anni ’70.
Siamo agli inizi degli anni ’80, quando si comincia a parlare di una strana forma di cancro che sembra colpire solo gli omosessuali. Mentre la comunità scientifica non se ne preoccupa più di tanto, al punto da non dare nemmeno un nome alla malattia, il mondo gay vede dolorosamente tramontare le libertà faticosamente conquistate, di fronte al diffondersi del morbo, che si dimostra subito terribile e letale.

Il film inizia con l’arrivo di Ned Weeks, alter ego di Kramer, interpretato da Mark Ruffalo, in una nota località turistica frequentata quasi esclusivamente da gay. Già dalle prime immagini il regista descrive senza veli la disinvolta libertà sessuale che regna sovrana sull’isola, esasperando i modi disinibiti e volutamente sfacciati dei variopinti personaggi che animano la località. Durante una festa sulla spiaggia, uno dei ragazzi, apparentemente in perfetta forma, sviene dopo una corsa: sono i primi segnali della tragedia che sta per abbattersi sulla comunità.

Al ritorno a New York, Ned va a farsi visitare, preoccupato da un articolo di giornale in cui ha letto di un tipo di cancro che colpisce gli omosessuali. Conosce quindi la dottoressa Brookner, interpretata da Julia Roberts, che si è occupata personalmente di gran parte dei gay deceduti per quella malattia sconosciuta.
Dopo aver rassicurato Ned sulle sue condizioni di salute, la dottoressa cerca di convincerlo a fare propaganda tra amici e conoscenti omosessuali, affinché prendano precauzioni e possibilmente si astengano da rapporti sessuali, poiché non è ancora chiaro il meccanismo di trasmissione della malattia, ma la Brookner pensa avvenga per via sessuale. Mentre stanno discutendo, irrompono nello studio medico due amici di Ned che trascinano di peso il ragazzo che era già collassato sulla spiaggia, ora in crisi epilettica; la dottoressa lo soccorre prontamente, ma il giovane muore quasi subito.

Da questo momento Ned farà di tutto, insieme alla dottoressa, per convincere la comunità gay ad astenersi dalla promiscuità sessuale, ma otterrà ben poco successo, almeno all’inizio, perché gli amici non hanno nessuna intenzione di rinunciare alla propria libertà e vedono qualunque limitazione come una forma di repressione. Il protagonista inizia così una lotta disperata contro l’ignoto, una forza terribile, ma ovunque cerchi di chiedere aiuto, trova chi finge di non capire. Eppure le prove dell’esistenza del male si stanno accumulando, e ci sono sempre più vittime.

Il film procede poi di pari passo col progredire della malattia, mostrando da una parte l’indifferenza della comunità scientifica nei confronti di una epidemia che sembra riguardare solo i gay (quindi niente stanziamento di fondi per la ricerca), dall’altro la tragedia dei malati che vengono trattati come appestati, relegati in aree isolate di qualche squallido ospedale, dove non vengono neppure consegnati i pasti, e lasciati lì a morire, per paura del contagio; persino le agenzie funebri si rifiutano di accettare i cadaveri dei morti, che vengono smaltiti negli inceneritori, rinchiusi in sacchi come rifiuti.

Alla fine, dopo continue e pressanti richieste da parte della comunità gay, Reagan annunciò pubblicamente che il governo si sarebbe occupato dell’AIDS come di una priorità: erano passati ormai 4 anni dall’inizio della diffusione della malattia, e i morti accertati erano più di 20.000, solo in America.
Il film ha un grandissimo valore come testimonianza di una delle pagine più allucinanti della nostra storia, per il coraggio e il realismo con cui descrive situazioni e avvenimenti, ma ha anche pregevoli qualità stilistiche, grazie a scene di particolare intensità, sia nel descrivere momenti poetici (come il matrimonio, meramente simbolico, tra Ned e il compagno Felix, ormai morente), sia nel rappresentare le scene più crude e drammatiche con assoluto realismo. Al regista va sicuramente riconosciuto il merito di non aver usato filtri di nessun tipo, pur affrontando un tema considerato scomodo; certo non è la prima pellicola che parla di omosessualità, ma ha il pregio di farlo in modo non edulcorato, come ad esempio aveva fatto Philadelphia.

Ruffalo dimostra qui tutte le sue capacità espressive, esplicitando l’omosessualità del personaggio senza ricorrere agli stereotipi del genere, ma dando vita ad un protagonista umano e vero, intenso e toccante; del resto l’attore ha già dimostrato di saper passare senza difficoltà dalle commedie romantiche alle storie di supereroi, per arrivare a film di impegno sociale come questo, mostrando una gamma interpretativa davvero ampia e variegata.

E’ affiancato più che egregiamente da Matt Bomer, già noto come protagonista di White collar, che oltre ad aver dato prova di particolare sensibilità ed incisività, ha dovuto perdere ben 14 chili per intrepretare il suo personaggio nel momento finale, quando è ormai consumato dalla malattia.
Oltre alla Roberts, va segnalato Alfred Molina, nel ruolo del fratello di Ned, che, pur volendogli molto bene, fatica ad accettare la sua omosessualità; cambierà idea solo di fronte all’amore tra Ned e Felix, riuscendo finalmente a comprendere che non c’è alcuna differenza tra l’amore per una donna e quello per un altro uomo, perchè la profondità dei sentimenti e il coinvolgimento che ne deriva sono identici. Aprirà gli occhi parlando proprio con Felix, ormai terminale, e lo aiuterà perciò a fare testamento, secondo le sue volontà, in favore di Ned.

Tra i protagonisti c’è anche Jim Parsons, acclamata star di The Big Bang Theory, che nel film ha l’ingrato e commuovente compito di eliminare dalla rubrica le schede degli amici man mano che muoiono, conservandole però in un cassetto raccolte da un elastico: può sembrare incredibile, ma vedere il mazzetto delle schede che si fa sempre più grande, sottolineando in questo modo il numero sempre crescente delle vittime, è uno dei momenti più toccanti e poetici del film, ed un espediente molto efficace per rappresentare il trascorrere del tempo e il progredire dell’epidemia.

L’opera teatrale di Kramer ha avuto più di 600 differenti rappresentazioni in diverse parti del mondo, e questo film, nato per la televisione ma dal respiro ampiamente cinematografico, ne conserva tutta la sensibilità e la forza, nonché lo straordinario impatto emotivo. Murphy dirige il film con notevole sensibilità, e ogni inquadratura irradia cura e attenzione al particolare, nel rappresentare senza filtri il continuo oscillare tra la paura e il terrore da un lato, e l’indifferenza dall’altro.
Le emozioni ci sono tutte e sono emozioni forti, il regista e gli attori le esprimono meravigliosamente, e la consapevolezza che si tratti di una storia vera, anche se molti personaggi sono inventati, rende questo film un affresco di crudo realismo, imperdibile per chiunque ritenga di avere un cuore normale.
Una scena particolarmente intensa
Questa non la ricordavo, bella come sempre!
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Grazie, è una delle più vecchie
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Non l’avevo mai letta e non conosco il film, però l’hai raccontato proprio bene… Ma questa non è una novità
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😘
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Accipicchia, che recensione… Lo cercherò di sicuro! Ruffalo lo ricordavo solo per qualche poliziesco tv, ma ho sempre pensato che fosse bravo. Ora ho visto su Wiki tutto quello ha fatto: un sacco di cose. Sai, Raffa, all’epoca in cui si venne a sapere della malattia, io lavoravo per una celeberrima marca di fotocamere e vidi molto presto le foto: tremende. Era al massimo il 1984.
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E comunque ho avuto un amico “etero” che ha contratto la malattia, costretto a nasconderla per via del lavoro delicatissimo che faceva, e che fa tuttora. Non posso dire altro, ma è stato un incosciente. Poi è pure guarito, per fortuna sua, ma dopo vent’anni di intrighi
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Malattia contratta con un rapporto etero, tra l’altro. Almeno, per quanto mi è stato detto.
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Molti l’hanno contratta anche con trasfusioni, e c’è persino chi l’ha contratta senza sapere come (o almeno così dice)
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Il problema è che ci sono persone che ce l’hanno, possono essere altamente contagiose e non dicono nulla. Questioni di carriera, pensa un po’
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Bisogna essere prudenti, del resto non è l’unico rischio della promiscuità sessuale, perciò ci si dovrebbe sempre proteggere.
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Non mi sarei espressa se non conoscessi personalmente questo caso. Il soggetto in questione è stato “brillante” e se l’è cavata, fisicamente e professionalmente, soprattutto grazie alla moglie che lo ha coperto in famiglia, nella cerchia dei conoscenti e “altri” che avrebbero potuto rimetterci la vita.
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E’ una malattia delicatissima, purtroppo ancora oggi circondata da un alone di pregiudizi.
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Sì, gli anni sono quelli. Da noi, in Italia se ne parlava poco, si cominciò a sapere quando si ammalò Rock Hudson.
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L’ha ripubblicato su FA minore.
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Scusa, non è vero che ho fatto il reblog: viene bruttissimo. Se mi dai il permesso, pubblico tutto fedelmente, pezzo per pezzo, foto per foto, video per video e ti cito
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Scusami, ho fatto una siesta pomeridiana.
Certo, fai come ti viene meglio. Magari aggiungi il link del sito. Grazie comunque.
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Certo, ho tutto già pronto. Aspettavo solo la tua autorizzazione. Ora pubblico il post, ma fammi sapere se c’è qualcosa di sbagliato. Spero non scorretto ❤
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Figurati. Ma poi non c’è bisogno del mio permesso…
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Io ti stimo molto, perciò ci tengo al permesso. Guarda un po’ se va bene
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Direi che va benissimo, e poi ti dirò che sul tuo blog ci guadagna pure: la veste grafica è molto bella.
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Commossa, ringrazio. Ed è un onore ospitarti
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Grazie, è un onore essere ospitata tra le cose bellissime che pubblichi sempre.
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❤
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Il cuoricino, in mezzo a tutto il rosso, non si vede 🙂
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Io l’ho visto 😉
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siamo in due…
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